Recensione – Ritrovato e perduto di Ursula K. Le Guin

Ursula K. Le Guin sta tornando a popolare le librerie, e lo dimostrano le nuove proposte Mondadori in merito: la versione definitiva di Terramare e un’antologia di narrativa breve, Ritrovato e perduto. Questa nuova raccolta propone un gruppo eterogeneo di lavori della scrittrice americana: fantascienza, fantasy e non. Mi sento fortunato ed onorato ad aver avuto la possibilità di approfondire questo tassello mancante della vasta bibliografia della mia scrittrice preferita!

Ho pensato che questo articolo potesse fungere da introduzione ai vari racconti (il volume manca, purtroppo, di un saggio critico come introduzione o postfazione), giusto per orientare meglio i lettori.

Scheda del libro

Titolo Ritrovato e perduto
Autore Ursula K. Le Guin
Data 2016
Pubblicazione italiana 2018
Editore Mondadori
Traduttore Teresa Albanese/Pietro Anselmi
Titolo originale The Found and the Lost: The Collected Novellas of Ursula K. Le Guin
Pagine 740
Reperibilità Reperibile in libreria

Più grande, più lento di qualsiasi impero

Questo è l’unico racconto che presenta una introduzione, scritta da Ursula K. Le Guin stessa; esso era presente anche nell’antologia I dodici punti cardinali, da me recensita tanti anni fa.

Come per Nove vite, non si tratta di uno psicomito ma di un normale racconto di fantascienza, che si concentra non tanto sull’azione/avventura, quanto piuttosto sull’aspetto psicologico. Se l’azione fisica non riflette l’azione psichica, se i fatti non esprimono la personalità, le storie di avventura mi annoiano in fretta; spesso mi sembra che, più fitta è l’azione, meno succede. A me interessa quello che succede dentro. Lo spazio interiore e cose di questo tipo. Tutti abbiamo foreste nella mente. Inesplorate, infinite. Ognuno di noi si perde nella foresta, ogni notte, da solo.

Più grande, più lento di qualsiasi impero è uno dei miei racconti preferiti di Ursula: mi capita di rileggerlo di tanto in tanto. Si tratta della storia di un gruppo di scienziati spediti su un pianeta non ancora colonizzato per indagarne le caratteristiche. Il gruppo è molto eterogeneo: tra di loro spicca Osden, un uomo guarito dalla Sindrome di Render (una varietà di autismo inventata dalla scrittrice) dotato di una sensibilità e di una empatia fuori dal comune. Come spiega la Le Guin nell’introduzione, è l’aspetto psicologico e sociale a fare da padrone in questo racconto: il modo in cui gli scienziati si organizzano, le perplessità dinanzi un mondo misterioso e apparentemente ostile, le decisioni finali intraprese.

Buffalo Gals, won’t you come out tonight

Questo racconto, tradotto come Le ragazze bufalo, era già uscito in tre antologie di fantascienza; qui viene presentato col titolo originale. Probabilmente i vecchi appassionati di Ursula (come me) avranno già rintracciato uno di questi volumi… tuttavia, per tutti gli altri, questa potrebbe essere la prima occasione per mettere mano a questa storia. Buffalo Gals racconta la storia di una bambina che, precipitata da un aereo, si ritrova in una sorta di realtà alternativa popolata da animali parlanti. È un racconto un po’ misterioso e particolare, di sicuro merita una rilettura.

Herne

Incredibilmente, è difficile reperire informazioni su questa novella. Non sono riuscito a capire da dove è stata tratta, neanche nell’antologia in inglese è presente un apparato critico! Herne è un racconto realistico su quattro generazioni di donne in America, un po’ una sorta di eccezione rispetto ai contenuti di Ritrovato e perduto. Mi sono ripromesso di tornarci con più calma in un secondo momento.

La questione di Seggri

Ecco qui la Ursula che preferisco, quella che si inventa mondi, società, culture così particolari, che mi fanno sempre pensare: ma come le è venuto in mente? A Seggri, il numero di uomini è molto molto basso: nasce un maschio su 16, e non è detto che arrivino all’età adulta. In risultato di questa sproporzione di genere ha portato a una società rigidamente divisa tra uomini e donne. Gli uomini vivono in dei castelli, molto isolati, in cui si dedicano all’allenamento fisico: il loro unico scopo è la riproduzione. Le donne invece vivono insieme nelle città, dove lavorano, studiano, producono, allevano i figli. Uomini e donne si incontrano in due occasioni: alle gare di atletica e di lotta e nei bordelli, dove le donne pagano per lo stallone di turno, sia per il proprio piacere fisico, sia per avere un bambino. Questo è il “setting” di questo mondo, raccontato sotto forma di resoconti scientifici e storie di scrittori di Seggri. Le relazioni d’amore esistono solo tra donne; tra uomini, sono solo consentite e incoraggiate entro i sedici anni. Le relazioni sentimentali tra uomini e donne non sono assolutamente contemplate.

The Matter of Seggri era uscito inizialmente nella terza edizione di Crank!, un’antologia di fantasy e fantascienza, e successivamente nella raccolta The Birthday of the World: and Other Stories. Sicuramente uno dei racconti più interessanti di Ritrovato e perduto.

Una storia alternativa o un pescatore del mare interno

Ecco l’altro racconto meraviglioso, una storia d’amore in un mondo in cui l’amore è vissuto in maniera molto particolare… Ursula sfida l’immaginario del lettore, presentandoci una società in cui il matrimonio è organizzato in quattro unità. Per comprendere meglio come funziona questo matrimonio, userò le parole della Le Guin stessa.

A chi ha poca dimestichezza con i nostri costumi dovrei spiegare che su O, un mondo con una popolazione umana stabile e contenuta e un’antica tecnologia climax, alcune strutture sociali sono pressoché universali. L’unita sociale di base è il villaggio isolato, un’associazione di fattorie, più che la città o lo Stato. La popolazione consiste di due metà. Un bambino nasce nella metà di sua madre, quindi tutti i ki’O (a parte il popolo di montagna degli Ennik) appartengono o alla Gente del Mattino, il cui tempo va da mezzanotte a mezzogiorno, o alla Gente della Sera, il cui tempo va da mezzogiorno a mezzanotte. […] L’identità di Persona del Mattino o della Sera è una parte intima e profonda del proprio io, tanto quanto il genere, e ha molto a che fare con la vita sessuale. Un matrimonio ki’o, chiamato sedoretu, è composto da una donna e un uomo del Mattino e una donna e un uomo della Sera; le coppie eterosessuali sono chiamate Mattino e Sera a seconda della metà della donna; le coppie omosessuali sono chiamate Giorno – due donne – e Notte – due uomini. Un matrimonio dalla struttura così rigida, in cui ognuna delle quattro persone deve essere sessualmente compatibile con due degli altri senza mai fare sesso con la quarta, richiede senza dubbio una certa organizzazione. Organizzare sedoretu è una delle principali occupazioni della mia gente. La sperimentazione è incoraggiata: i quartetti si formano e si dissolvono, le coppie “provano” altre coppie, mescolandosi e accoppiandosi. Gli intermediari, per tradizione le vedove anziane, girano per le fattorie dei villaggi isolati, combinando incontri, annunciando balli, servendo da confidenti universali.

La storia ambientata in questo mondo è bellissima, e curiosamente coinvolge amore e viaggi temporali! Inoltre vengono citati i due pianeti gemelli de I reietti dell’altro pianeta e si fa riferimento a La storia degli Shoby, un altro racconto presente in un’altra antologia. Beh, che dire, a fine lettura ho pianto!

Il giorno del perdono – Un uomo del popolo – Liberazione di una donna – Musica antica e le schiave

Questo gruppo di novelle era incluso in un’altra antologia, Il mondo del perdono, edita da Fanucci tanti anni fa. Vi era incluso un ulteriore racconto, Tradimenti, che qui non figura. Però fa la sua ricomparsa un racconto altrimenti introvabile: Musica antica e le schiave era uscito in una raccolta ormai fuori mercato! Peccato che manchino qui quelle preziose note ai due pianeti, Werel e Yeowe, presenti appunto nell’antologia originale (a onor del vero, mancano anche nell’edizione inglese di Ritrovato e perduto). Tra questi, mi è rimasto molto impresso il racconto sulla liberazione di una donna, che illustra il percorso toccante e doloroso di liberazione di una donna schiava.

Il mio affezionato amico mi ha chiesto di scrivere la storia della mia vita, pensando che potrebbe interessare a persone di altri mondi e altri tempi. Io sono una donna qualunque, ma ho vissuto anni di drastici cambiamenti e ho avuto il vantaggio di conoscere con la mia stessa carne la natura della schiavitù e quella della libertà.

Il trovatore – Nell’alta palude – Libellula

Questi sono tre racconti fantasy legati al mondo di Terramare: per il momento, preferisco rimandare la loro analisi. È mia intenzione, infatti, recensire tutti i libri della saga; sarà più appropriato parlarne ne Le leggende di Terramare.

Paradisi perduti

Arriviamo alla novella finale, un gioiellino che di cui avevo già parlato anni fa nel vecchio blog: rileggere Paradisi perduti è stato emozionante come la prima volta. Un’astronave è partita dalla Terra in direzione di un pianeta potenzialmente abitabile: tuttavia, a causa della lentezza del viaggio, ci vorranno parecchie generazioni per arrivare a destinazione. È stato tutto organizzato nei minimi dettagli: nell’astronave non ci sono malattie, non ci sono animali, non ci sono disordini. È stata creata una utopia in miniatura, per quanto imperfetta in alcuni dettagli. Può lasciare impressionati il fatto che alcune generazioni letteralmente nascono e muoiono entro alcune pareti, senza mai vedere la luce del sole, il cielo, la natura stessa se non attraverso dei videoproiettori a realtà immersiva. Tuttavia questa situazione non viene vissuta come claustrofobica, come potrebbe essere d’altronde? La maggior parte di loro non ha proprio esperienza nella vita sulla Terra.

Gli organizzatori del viaggio, però, non avevano previsto due cose: a causa di un errore di calcolo, l’astronave potrebbe arrivare decisamente prima del previsto sul nuovo pianeta e… la religione. Per quanto ci sia libertà di religione, questa non avrebbe mai dovuto immischiarsi con il governo e le decisioni prese dal Consiglio, e in effetti, la Le Guin ci pone dinanzi una evoluzione molto interessante… e se la religione si concordasse perfettamente con i principi guida che muovono tutti i cittadini del mondo?

Gli angeli, in effetti, erano ottimi cittadini, attivi e cooperativi in ogni dovere civico, pronti a compiere gli obblighi comuni, diligenti membri di commissioni e Consigli. Infatti, in quel momento, più di metà del Consiglio Centrale erano angeli. Non serafini e arcangeli, come erano soprannominati i più devoti e quelli vicini a Patel Inbliss, ma angeli di tutti i giorni, che godevano la serenità e la buona compagnia delle Celebrazioni, che per molte persone erano ormai un elemento familiare e accettato della vita. L’idea che le credenze e le pratiche della Beatitudine potessero, in qualsiasi modo, opporsi alla moralità, che essere angeli significava essere ribelli, era chiaramente ridicola.

Siamo forse abituati ad immaginare la religione come un ostacolo, come un qualcosa che di obsoleto rispetto alla comunità, eppure in Paradisi perduti non è così, eccetto per un aspetto: gli angeli non vogliono atterrare sul nuovo pianeta. Credono che la vita stessa sull’astronave sia Beatitudine, che non ci sia nient’altro al di fuori di ciò che conoscono. Lo sviluppo di questa religione sembra perfettamente coerente con la vita di tutti i cittadini, senza quella connotazione violenta e disgiunta che mi sarei aspettato (probabilmente per un mio bias).

Questo divenne il suo tema: la nave chiamata “scoperta”, la nave della vita che viaggia attraverso il vuoto della morte: il veicolo della beatitudine.
All’interno della nave, si forniscono norme, leggi e costumi per mezzo dei quali ogni essere mortale può, imparando a vivere nell’armonia e nella felicità mortale, imparare anche la via per la Vera Destinazione.
– La morte non esiste – disse il vecchio, e nuovamente quel sospiro percorse la foresta di vite affollate nella sala rotonda. – La morte è nulla. La morte è zero, la morte è vuoto. La vita è tutto. La vita mortale viaggia in avanti, sempre avanti, diritta e fedele alla sua rotta verso la vita infinita, la luce e la gioia. Abbiamo avuto origine nella tenebra, nel dolore, nella sofferenza. Su quelle maligne nere fondamenta, in quel luogo tremendo, i nostri antenati nella loro saggezza videro dov’era la vera vita, la vera libertà. E inviarono noi, loro figli, liberi dalla tenebra, dalla terra, alla gravità, dalla negatività, per viaggiare in eterno nella luce.
Tornò a benedirli, e alcuni credettero che il sermone si fosse concluso, ma come ricevendo nuova energia dalle sue parole continuò a parlare: – Non fraintendete lo scopo della nostra scoperta, l’obiettivo delle nostre vite! Non fraintendete il simbolo e la metafora per la realtà! I nostri antenati non ci hanno inviato in questo grande viaggio solo per tornare dove è cominciato. Non ci hanno liberato dalla gravità solo per farci ripiombare nella gravità. Non ci hanno liberato dalla Terra per condannarci a un’altra terra! Questo è letteralismo, fondamentalismo scientifico, una spaventosa miopia mentale. La nostra origine è stata su un pianeta, nella tenebra e nella miseria, sì, ma non è questa la nostra destinazione! Come potrebbe mai essere così?
– I nostri antenati parlavano della Destinazione come di un mondo, perché non conoscevano altro. Erano vissuti solo nella tenebra, nella sporcizia, nella paura, trascinati giù dalla gravità. Quando cercavano di immaginare la beatitudine, potevano solo immaginare un mondo migliore, più luminoso, e così lo chiamarono “nuova terra”. Ma noi possiamo vedere il significato di quell’oscuro simbolo, e tradurlo nella verità: non un pianeta, un mondo, un luogo di tenebra, paura, dolore e morte, ma il luminoso viaggio della vita mortale nella vita infinita, l’incessante, interminabile pellegrinaggio in un’incessante, interminabile beatitudine. O angeli, miei simili! il nostro viaggio è sacro, ed è eterno!

Un discorso molto infervorato, ma perfettamente comprensibile. Mi sono concentrato sull’aspetto spirituale, ma questa novella offre altre considerazioni interessanti: la vita sull’astronave è molto cooperativa e collaborativa, ognuno persegue la propria strada per come ritiene opportuno, e tutte le risorse sono controllate e riciclate: persino i corpi umani. Chissà se un giorno avremo una tecnologia così avanzata, non mi dispiacerebbe prendere parte ad un viaggio così!

Considerazioni finali

I racconti di Ursula K. Le Guin sono molto impegnativi e densi: la loro brevità non è indice di leggerezza. Questo può scoraggiare alcuni lettori, ma non perdetevi d’animo: se siete appassionati della feconda immaginazione di questa straordinaria scrittrice, troverete pane per i vostri denti. Spero che la Mondadori porti altri libri di Ursula in futuro (per il prossimo autunno è prevista una nuova edizione de La mano sinistra delle tenebre) perché merita davvero; questa edizione meritava un apparato critico, ma magari lo metteranno in una futura ristampa!

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