Recensione – L’elefante scomparso ed altri racconti di Haruki Murakami

È con piacere che recupero un mio vecchio articolo su Murakami, nello specifico L’elefante scomparso e altri racconti. Non avevo ancora familiarizzato con lo stile di questo autore, per questo ci sono andato un po’ pesante: col senno di poi, approcciare a Murakami da questa antologia è stata una scelta quanto mai bizzarra (no, lo ammetto, è stata una cazzata)!

Scheda del libro

Titolo L’elefante scomparso ed altri racconti
Autore Haruki Murakami
Data 1993
Pubblicazione italiana 2001
Editore Baldini e Castoldi/Einaudi
Traduttore Antonietta Pastore
Titolo originale 象の消滅 短篇選集 1980-1991
Pagine 316
Reperibilità Reperibile online e in libreria

NOME POKEMON Premessa

L’elefante scomparso e altri racconti raccoglie 17 racconti scritti tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Il genere è vario: ci sono sia storie surreali e oniriche tipiche di queste autore, sia storie più realistiche; in molti casi si avverte il senso di “bozza” per eventuali romanzi futuri oppure di incompletezza… insomma, una antologia con del materiale molto eterogeneo.

Alcuni racconti sono intriganti, altri passano inosservati; più o meno il destino di ogni raccolta. Ho riscontrato dei temi comuni: una certa passione per la lettura (alcuni protagonisti adorano leggere: vengono citati Gabriel García Márquez, Lev Tolstòj, Fëdor Dostoevskij); il tema del quotidiano (i personaggi sono spesso ritratti nelle faccende domestiche, nella loro routine, che si parli di tagliarsi le unghie o di ritirare il bucato); il tema della famiglia (quasi tutti i protagonisti sono sposati, o fidanzati).

Murakami è solito annunciare la tematica del racconto nelle prime righe, per poi fare lunghi preamboli e spiegazioni che vorresti solo saltare per arrivare al punto (metterò un esempio nell’episodio in questione). Inoltre, per ben tre volte i protagonisti fanno lo stesso lavoro (impiegati che si occupano della pubblicità in una ditta che produce elettrodomestici): è qualcosa di voluto o se l’è scordato?

Racconti

NOME POKEMON Una lenta nave per la Cina

In questo racconto il protagonista è ossessionato dai ricordi, in particolare delle persone cinesi che ha conosciuto. L’ho trovato superfluo.

NOME POKEMON Granai incendiati

All’inizio mi ha ricordato la Yoshimoto per la trama (uomo sposato che si fa l’amante più giovane). Tuttavia non è lei al centro della storia, quanto l’uomo che la ragazza ha conosciuto in Algeria e che si porta in Giappone. C’è questo triangolo curioso costituito dall’uomo sposato, lei e il fidanzato (i nomi non si sanno, quindi li denominerò così). Insomma i due uomini dialogano e il fidanzato comunica allo sposato che gli piace dare fuoco ai granai. Così, senza nessuna motivazione. Il prossimo da incendiare è vicino alla casa dello sposato, il quale decide di andare a correre ogni giorno per controllare tutti i granai della zona. Anche qui risalta l’ossessione già vista nel primo racconto, ma ancora non ci avviciniamo al genere fantastico.

NOME POKEMON Il nano ballerino

Vale la pena leggere L’elefante scomparso e altri racconti solo per questo racconto: è geniale. Il protagonista lavora in una fabbrica di elefanti. Avete capito bene: creano elefanti a partire da pezzi di elefanti!

Tanto perché si sappia, noi non creiamo gli elefanti dal nulla. Per l’esattezza, li scomponiamo rendendoli meno densi. Cioè prendiamo un elefante e con la sega lo separiamo in tanti pezzi, orecchie, naso, testa, petto, piedi e coda, che ricomponiamo poi con maestria formando cinque nuovi elefanti. Ognuno dei quali è vero soltanto per un quinto, per i restanti quattro quinti è falso. Però dall’esterno non si vede nulla, non se ne accorgono nemmeno gli elefanti stessi. A tal punto il prodotto finito è perfetto. Ma perché, mi chiederete voi, è necessario fabbricare – o diluire – degli elefanti? Perché non abbiamo la loro pazienza. Se si lasciasse fare alla natura, nascerebbe un piccolo ogni quattro o cinque anni. Ma gli elefanti ci piacciono troppo, quindi sarebbe molto irritante rispettare questa loro abitudine, attendere i loro comodi. Così abbiamo deciso di fabbricarli noi stessi Per evitare che una volta ricomposti vengano trattati male, prima li diamo all’Associazione di Fornitura degli Elefanti, che li tiene sotto controllo per due settimane e verifica seriamente il loro funzionamento, poi li rilasciamo nella giungla col marchio dell’Associazione impresso sotto una zampa. Normalmente fabbrichiamo quindici elefanti alla settimana. In piena stagione però, sotto Natale, facendo andare le macchine a tutto vapore arriviamo anche a venticinque, ma diciamo che quindici è una media ragionevole.

L’elemento fantastico non è semplicemente un contorno alla storia: la vita del protagonista è permeata dagli elefanti (elemento che tornerà in un racconto successivo); vi sono uniformi con gli elefanti, lampade a forma di elefante…

Inoltre è presente un nano ballerino: questi compare nei sogni del protagonista, ma non solo…

Spoiler sul racconto
In pratica il protagonista vuole conquistare una ragazza che lavora in fabbrica, ma che respinge tutti gli uomini. Il nano, nel sogno, gli propone un accordo: se lo lascia entrare nel suo corpo, il nano gli permetterà di ballare come se fosse bravissimo. A una condizione: non può parlare finché non avrà “posseduto” la ragazza. Il protagonista accetta, si reca in discoteca e si mette a danzare, facendo colpo sulla tipa. I due si dirigono fuori per appartarsi, e, mentre sono sdraiati, lei si decompone pezzo per pezzo. La scena è disgustosa, ma il protagonista resiste, convinto fosse un trucco del nano; infatti è così (e il nano se ne va, lasciando intendere che non si libererà facilmente di lui). Tuttavia la voce che c’è in circolazione un ballerino eccezionale si sparge in giro, e i rivoluzionari sono a caccia dell’uomo che ha fatto tornare il nano: il protagonista si ritrova così a fuggire nei boschi in quanto ricercato. Questo racconto è semplicemente fantastico, e mi è rimasto impresso in maniera indelebile. Peccato che gli altri non siano all’altezza…

NOME POKEMON Il messaggio del canguro

Murakami è un esperto nel parlare di cose assolutamente irrilevanti:

Questa mattina sono andato a trovare il canguro nello zoo qui vicino. Non è uno zoo famoso, ma gli animali ci sono tutti, dal gorilla all’elefante. Però se lei è una patita dei lama o dei formichieri è inutile che ci vada, non ci sono né gli uni né gli altri. Neanche gli impala o le iene. Neanche i leopardi. In compenso ci sono quattro canguri.

Ma è anche bravo nel fare discorsi incomprensibili:

Per questo adesso sto parlando rivolto all’indicatore VU. Sa cos’è, l’indicatore VU? È quell’ago che oscilla in funzione dell’intensità del volume. Che cosa significhino la V e la U non lo so neanch’io, ma in ogni caso sono i soli elementi che manifestino una reazione al mio discorso. Proprio così. Tra parentesi, i loro criteri sono davvero molto semplici. Cioè i criteri di V e di U. Sono come una coppia di comici, insomma. Dove c’è V c’è U, dove c’è U c’è V, un piccolo prodigio. Io posso dire quello che voglio, loro se ne fregano. La sola cosa che a loro importi è la quantità d’aria che la mia voce smuove, nient’altro. Per loro, l’aria si muove dunque io esisto.

Tutto questo preambolo inutile ci conduce al fulcro del racconto: il protagonista è un addetto ai reclami di una ditta che decide di scrivere una lunga lettera a una cliente. Una lettera che… beh, commentatelo voi!

Devo dire che la sua lettera è davvero affascinante. Le frasi, la calligrafia, la punteggiatura, la disposizione delle righe, la retorica, tutto è perfetto. Non è sublime, ma perfetta sì. Ogni giorno devo leggere qualcosa come cinquecento lettere, ma onestamente nessuna mi ha mai dato tanta emozione come la sua. Me la sono portata di nascosto a casa, e l’ho letta e riletta non so quante volte. Poi ne ho fatto un’analisi profonda. Non è stata una gran fatica, la lettera è piuttosto corta. Mentre l’analizzavo ho capito tante cose. Prima di tutto che la punteggiatura è eccessiva. Una media di 6,36 punti per ogni periodo sono troppi. Ma non è tutto, anche il modo di distribuirli è irregolare. Non creda che stia mettendo in ridicolo la sua scrittura, per favore. Anzi, l’ho trovata emozionante. Emozionante, capisce? Ma non si tratta solo della punteggiatura. Ogni parte della sua lettera perfino ogni macchia d’inchiostro – mi ha turbato, scosso. Perché? Perché in quelle frasi lei non c’è. Naturalmente c’è una storia. Una ragazza oppure una donna compra il disco sbagliato. Crede che in quell’album ci siano certi brani, ma una settimana dopo si accorge che tutto il disco non è quello giusto. La commessa non vuole cambiarglielo. A quel punto scrive per reclamare. Questa è la storia. Ho dovuto leggere la sua lettera tre volte prima di capirla. Perché era del tutto diversa dagli altri reclami che ci arrivano. Per parlar chiaro, non conteneva nessuna lamentela. E nessuna emozione. Solo la storia. Onestamente, la cosa mi ha un po’ angosciato. Non capivo se lo scopo della sua lettera fosse reclamare, confessarsi, fare una dichiarazione, o imbastire una sorta di tesi. Mi faceva venire in mente una fotografia presa da un cronista sul luogo di un massacro. Senza commento, senza articolo che l’accompagni, solo una foto. Cadaveri riversi sul bordo di una strada di un paese sconosciuto. Non capisco a cosa miri. È aggrovigliata come un formicaio costruito in fretta e furia, ma trovare il bandolo della matassa è impossibile, nulla suggerisce dove si trovi. È veramente qualcosa di straordinario. Bang, bang, bang, bang… è il massacro. Già, cerchiamo di semplificare le cose. Di ridurle all’essenziale. Insomma, la sua lettera mi ha eccitato sessualmente. Ecco di cosa si tratta.

NOME POKEMON Vedendo una ragazza perfetta al 100% in una bella mattina d’aprile

In una bella mattina di aprile, in una via laterale del quartiere di Harajuku, sono passato accanto a una ragazza perfetta, al 100%.
Non era una gran bellezza. E nemmeno di un’eleganza strepitosa. I capelli dietro la testa le avevano preso una brutta piega dormendo, e doveva essere vicino alla trentina. Eppure già a cinquanta metri di distanza avevo capito che era la ragazza perfetta per me. Dal momento in cui la vidi il cuore prese a battermi all’impazzata e l’interno della bocca mi divenne secco come la sabbia del deserto.
Forse anche a voi piace un tipo particolare di ragazza. Quelle che hanno le caviglie sottili, per esempio, o dei grandi occhi, o delle belle mani… non so, magari vi attirano quelle che amano mangiare con calma, lentamente, o qualche altra caratteristica del genere. Ovviamente ho anch’io il mio tipo. Mi è già successo di andare al ristorante e restare affascinato dal naso della ragazza che sedeva alla tavola accanto.
Nessuno però può dire come dev’essere quella perfetta al 100%. Prendiamo la ragazza di quel mattino, non ricordo neppure che forma avesse, il suo naso. Anzi, non ricordo neppure se avesse un naso.
Tutto quello che ricordo è che non era una gran bellezza. Molto strano, vero?

Questo racconto è una inutile sega mentale lunghissima. Passiamo oltre.

NOME POKEMON Le piace Burt Bacharach?

Ci sono tante cose che pur andando avanti negli anni continuo a non capire.

La stessa sensazione che ho avuto leggendo questo racconto.

NOME POKEMON L’ultimo prato del pomeriggio

Questo racconto è impresso nella mia mente in modo cinematografico: potrebbe essere uno di quei film che guardi con attenzione ma rimani perplesso riguardo la storia, perché fondamentalmente non succede nulla o quel che succede non lo trovi sensato. Il protagonista è un giardiniere, che durante il suo ultimo giorno di lavoro va a falciare il prato di una villetta. Con la mente si lascia andare al passato e ricorda la sua ragazza che lo ha lasciato; cose di questo tipo (metto sotto spoiler per il contenuto sessuale)

Spoiler sul racconto

Inoltre non era necessario parlare con la gente. A me andava benissimo. Da quando avevo cominciato a lavorare per quella ditta, ero riuscito a mettere un po’ di soldi da parte. Bastavano per fare un viaggio con la mia ragazza in estate. Ma ormai che mi ero separato da lei, non se ne parlava più. Dopo aver ricevuto la sua lettera, per una settimana cercai di immaginarmi diversi possibili modi di usare quel denaro. O forse è meglio dire che non avevo altro a cui pensare. Una settimana del tutto assurda. Il mio pene mi sembrava quello di un altro. Intanto qualcuno, qualcuno che non conoscevo, mordeva leggermente i piccoli capezzoli di lei. Una sensazione che mi metteva a disagio.

***

Solo una volta andai a letto con una signora – dopo aver terminato il mio lavoro. Doveva avere trentuno o trentadue anni. Era minuta, con piccoli seni sodi. Chiuse tutte le imposte, spense la luce, e fece l’amore con me al buio. Si sfilò le mutandine senza togliersi il vestito e si mise a cavalcioni su di me. Non si lasciò toccare dalla vita in giù. Il suo corpo era sgradevolmente freddo, solo la sua vagina era calda. Non parlò quasi. Anch’io stetti zitto. L’orlo del suo vestito ondeggiava con un fruscio, ora più veloce ora più lento. A un certo punto squillò il telefono. Una volta, poi smise.
Fu solo in seguito che tutt’a un tratto mi domandai se non era a causa di quella volta, che la mia ragazza mi aveva lasciato. Non c’era nessuna ragione particolare per pensare così, fu solo una mia idea.

***

Adesso non so più se fossi veramente innamorato di quella ragazza. Eppure me la ricordo bene.
Succede a volte. Mi piaceva mangiare con lei, guardarla mentre si toglieva i vestiti ad uno ad uno, penetrare nella sua morbida vagina. Mi piaceva anche, dopo l’amore, guardarla parlare, o dormire, con il viso sul mio petto. Ma è tutto, non ricordo nient’altro.

Seguono una serie di interazioni senza senso con la proprietaria della villetta che vi dicevo. Fine.

NOME POKEMON Lederhosen

Fu nell’estate di molti anni fa che pensai di buttare giù una serie di schizzi, prima di allora non mi era mai venuto in mente di scrivere questo tipo di cose, e se lei non mi avesse raccontato quella storia – se non mi avesse chiesto se mi poteva servire da materiale – probabilmente questi racconti non esisterebbero.
Così si può dire che fu lei ad accendere il fiammifero.
Poi, però, ci è voluto parecchio tempo perché il fuoco attecchisse dentro di me. Ciò che poteva servirmi da incentivo era infatti terribilmente distante. A volte la distanza era tale che superava perfino la durata di vita media dei miei criteri d’azione e dei miei sentimenti. Di conseguenza non era detto che quella fiammella, pur arrivando fino a me, trovasse necessariamente riscontro. Ma in tal caso si sarebbe spenta in tempo debito, e in conclusione io non avrei scritto questo racconto. La persona che mi ha parlato di questa storia è una ex compagna di scuola di mia moglie. A quei tempi loro non erano particolarmente amiche, ma si sono nuovamente incontrate un giorno per caso, quando avevano entrambe più di trent’anni, e da allora sono diventate piuttosto intime.

Murakami ci gode con queste introduzioni.

La storia riguarda la separazione dei genitori di una donna.

Quando era all’università i suoi genitori avevano divorziato, e da allora lei era sempre vissuta sola in appartamenti d’affitto – È stata mia madre a lasciare mio padre, – mi raccontò un giorno. – A causa di un paio di calzoni corti.

Volete sapere cosa c’è dietro? Beh, leggetevi il racconto, io l’ho già scordato…

NOME POKEMON L’elefante scomparso

Ecco qui una storia che non è propriamente fantasy, ma il cui finale non ha una soluzione realistica. Il protagonista è un uomo ossessionato dal vecchio elefante che vive nella sua cittadina: raccoglie articoli di giornale da anni a riguardo. Un giorno il guardiano e l’elefante scompaiono: la polizia li cerca per mesi, senza risultati. Indovinate cos’è successo?

Spoiler sul finale
Non c’era praticamente modo di accedere al recinto, chiuso dall’interno; inoltre un elefante non passa inosservato, e non c’erano tracce di alcun tipo. Insomma, elefante e guardiano sono… scomparsi. Forse rimpiccioliti a poco a poco per finire in un’altra dimensione. Il protagonista può solo ipotizzare, visto che li ha visti lentamente rimpicciolire nel loro capanno. A quanto pare Murakami si diverte a creare soluzioni assurde a problemi concreti…

NOME POKEMON Il secondo assalto a una panetteria

Questo racconto è così assurdo da risultare interessante. Marito e moglie discutono di un episodio che lui ha avuto da giovane, quando era povero in canna. Il protagonista con un amico assalta una panetteria per poter mangiare, ma il panettiere gli propone invece di ascoltare musica con lui: se lo faranno, gli darà il pane gratis. I due accettano, e se ne vanno con pane per una settimana. Da allora la vita di lui cambia del tutto…

Era come se il panettiere ci gettasse addosso una sorta di maledizione. A ripensarci adesso, non avremmo dovuto accettare, dovevamo attenerci al piano originario, minacciarlo con i coltelli e prenderci semplicemente il pane. Se avessimo fatto così non ci sarebbe stato nessun problema.
– Perché, ci sono stati dei problemi?
Di nuovo scossi la testa e mi strofinai gli occhi con i polsi.
– No, non dei problemi concreti, tangibili. Ma a partire da quell’episodio tante cose sono andate lentamente cambiando. E quando una cosa cambia, non torna più com’era prima. In conclusione ho ripreso gli studi e mi sono laureato, ho trovato lavoro in uno studio legale e intanto ho cominciato a preparare l’esame di procuratore. Poi ti ho incontrato e mi sono sposato. Non ho più potuto assaltare panetterie.

E la moglie come commenta questo avvenimento?

Sono solo un paio di settimane che viviamo insieme, ma ti giuro che anch’io ho sentito tutt’intorno una sorta di presenza malefica, – disse mia moglie. Poi incrociò le mani sul tavolo guardandomi intensamente negli occhi. – Prima di sentire questo tuo racconto non avevo capito di cosa si trattasse, è ovvio, ma adesso ne sono certa anch’io: su di te pesa una maledizione.
– In che modo, la senti?
– Si direbbero… delle tende non lavate da anni, coperte di polvere, che pendono dal soffitto.
– Può darsi che non si tratti di una maledizione, ma di un problema mio, – dissi ridendo.
Lei non rise. – Non è così. Ne sono sicura.
– Se è davvero una maledizione, come dici tu, cosa dovrei fare?
– Assaltare di nuovo una panetteria. Ora, subito. Non hai altro modo di liberartene.
– Ora, subito?
– Sì, ora, subito. Finché dura questa fame. Quello che non hai finito allora, lo devi finire adesso.

La logica contorta dei personaggi di Murakami mi perplime.

NOME POKEMON Il mondo del vento scatenato

Giovedì sono andato a letto con la mia ragazza. A lei piace coprirsi gli occhi quando fa l’amore, infatti ha sempre con sé una di quelle mascherine di stoffa che si trovano nei pacchetti che distribuiscono in aereo per la notte. A me non è che la cosa faccia impazzire, ma lei è così carina con la sua mascherina sugli occhi che non posso davvero trovarci nulla da ridire. In fin dei conti tutti hanno il loro piccolo lato strano.

Altro racconto filler. L’unica scena memorabile è la tipa che si copre gli occhi con le mascherine durante i rapporti sessuali. Ah, no. Anche questa:

Seduti di fianco a me c’erano due liceali, un ragazzo e una ragazza, che per tutto il tempo si palpeggiavano la pancia. Niente male, la pancia dei liceali. Anche io una volta avevo una pancia da liceale.

NOME POKEMON Affare di famiglia

Questo racconto non ha nulla di assurdo: è un lucido, realistico ritratto delle interazioni di un fratello e una sorella. Lui è uno dei due personaggi di questa antologia che mi è rimasto davvero impresso: sarcastico, schietto, diretto. I loro dialoghi sono divertentissimi.

Hai un modo così limitato di vedere le cose, tu, – proseguì lei versandosi della panna nel caffè – lo sapevo che era imbevibile. – Sei troppo critico, consideri sempre e solo i lati negativi. Non cerchi neanche di vederli, quelli positivi. Se qualcosa non corrisponde ai tuoi criteri, non la tocchi neppure. È estremamente irritante, starti a guardare.
– Però è la mia vita, non la tua.
– Sì, ma in questo modo ferisci la gente, o dai fastidio. Come quando ti masturbavi.
– Quando mi masturbavo? – chiesi stupito. – Cos’è, questa storia?
– Quando eri al liceo ti masturbavi in continuazione e sporcavi sempre le lenzuola. Lo so bene, io, ogni volta bisognava lavarle. Potresti perlomeno masturbarti senza sporcare il letto!
-D’ora in poi farò attenzione, – dissi. – A parte questo, però, ripeto che io ho la mia vita, ci sono cose che mi piacciono e altre no. Non ci posso fare nulla.

***

– Non ho intenzione di intromettermi in quello che fai, dissi, – è la tua vita, e puoi viverla come vuoi.
Mia sorella annuì.
– C’è solo un consiglio che vorrei darti, però. È meglio che non porti dei preservativi nella borsa, ti prendono per una prostituta.
A quelle parole, lei afferrò la guida del telefono che era sul tavolo, e me la scagliò addosso.

***

Mancava poco alle cinque quando Noboru finì di aggiustare la spina dello stereo. Quindi espresse il desiderio di ascoltare un po’ di musica leggera, al che mia sorella mise un disco di Julio Iglesias. Di Julio Iglesias, non ci mancava altro! Perché avevamo in casa una tale schifezza?
– A te che musica piace, o-nii-san? – chiese Noboru.
– Questa qui, l’adoro, – risposi disperato.
– E poi Bruce Springsteen, Jeff Beck, i Doors…
– Non li conosco, più o meno assomigliano a Julio Iglesias?
– Più o meno.

Il racconto è un po’ inconcludente, ma vale la pena leggerlo.

NOME POKEMON L’uccello-giraviti e le donne del martedì

Qui il no-sense fa da padrone. Ci sono tanti avvenimenti che si intrecciano random tra loro che alla fine rimani semplicemente con un grande punto di domanda in testa.

Sensazione generica durante la lettura di certi racconti…

Però Murakami non manca di deliziarci con dettagli del quotidiano:

Ne passarono venti [minuti] prima che mi richiamasse. Nel frattempo io avevo fatto quarantatré flessioni sulle braccia, mi ero tagliato le unghie delle mani e dei piedi e avevo scelto quello che mi sarei messo, camicia, cravatta, giacca e pantaloni. Poi mi ero lavato i denti, mi ero pettinato, e avevo sbadigliato due volte.

NOME POKEMON Sonno

Sono già diciassette giorni che non riesco a dormire.

La protagonista di questo racconto non riesce più ad addormentarsi. Ci prova, ma niente. La perdita di sonno non le causa stanchezza, mancanza di energia, irritabilità… anzi: è molto più attiva. Nuota un’ora al giorno e legge tutta la notte. Mi è piaciuto il modo in cui lo scrittore ha immaginato i pensieri e le azioni di una donna che perde il sonno. Quello che non mi è piaciuto lo metto sotto spoiler.

Spoiler sul finale
Murakami non si degna di dare una spiegazione sul perché questa donna smetta di dormire (e come faccia a sopravvivere senza sonno). Non solo: il finale è totalmente sconclusionato… Lei esce fuori con la macchina, di notte. Poi posteggia e degli uomini scuotono la macchina (?). Finisce così. Tremendo.

NOME POKEMON Gli uomini Tv

Qui Murakami si spreme le meningi per creare qualcosa di fantasioso.

Fu una domenica sera che gli uomini Tv vennero a casa mia. Era in primavera. Sì, in primavera, credo. In ogni caso una stagione in cui non faceva né caldo né freddo. Comunque la stagione in questa storia non c’entra granché, quello che conta è che incominciò una domenica sera. A me non piace molto, la domenica sera. O diciamo piuttosto che non mi piacciono alcune circostanze che la riguardano – una certa atmosfera che inevitabilmente si crea, insomma. Tanto per cominciare, mi viene sempre mal di testa. più o meno forte, dipende dalle volte. Ad ogni modo mi fa male il cervello. Un centimetro o un centimetro e mezzo sotto le tempie, parti di tenera materia grigia pulsano insolitamente. Provo la sensazione che ne escano dei fili invisibili, fili che qualcuno che si trova a grande distanza tiene per l’estremità opposta e tira di nascosto. No, non crediate che sia molto doloroso. È piuttosto come se qualcuno mi infilasse dei lunghi aghi in organi anestetizzati. Inoltre sento un rumore. Anzi, più che un rumore, è come se uno spesso silenzio crepitasse attraverso l’oscurità. Qualcosa come un ccmshaaatm… ccrrshaaatrrr… zzzzzccrrzrmmmz. Il mal di testa è il primo sintomo. Sintomo in conseguenza del quale la mia visione del mondo comincia a distorcersi. Le premonizioni evocano i ricordi, e i ricordi evocano le premonizioni, come ondate che si confondono. Nel cielo appare una falce di luna bianca appena nata, sottile come un rasoio, e il dubbio affonda le sue radici nella terra scura. La gente cammina rumorosamente nel corridoio, apposta, per darmi sui nervi. La sento fare cmbamk, dab, cmbamk, dabk, crrzbamk, kb…

Il protagonista è l’unico che vede questi omini; eppure non sembra si tratti di semplici allucinazioni (spostano gli oggetti, gli altri si muovono per farli passare…). L’impressione che ho avuto io è che utilizzino le tv per spostarsi tra dimensioni. Anche qui il finale lascia tutto in sospeso e non spiega un bel nulla.

NOME POKEMON Il mostriciattolo verde

Un altro racconto bizzarro e particolare. Da un albero spunta un mostriciattolo che cerca entra nella casa di una donna: viene da molto lontano…

Alla fine il terreno intorno alle radici della quercia cominciò a gonfiare, come se qualche falda rigurgitante d’acqua stesse per sgorgare in superficie. Trattenni il fiato. Il terreno si spaccò, la terra sollevata si frantumò, e dal sottosuolo sbucarono delle cose strane, delle unghie acuminate. Io strinsi i pugni, e le osservai con gli occhi fuori dalle orbite. Mi dissi che qualcosa stava per incominciare. Le unghie raspavano con abilità la terra, allargando a poco a poco il buco. Finché ne sbucò fuori strisciando una sorta di bestia verde. Era ricoperta di scaglie lucenti. Quando emerse in superficie si scosse tutta, per far cadere la terra attaccata alle scaglie. Aveva un naso stranamente lungo, sempre più verde man mano che arrivava all’estremità, stretta e appuntita come una coda. Gli occhi erano quelli normali di una persona. Mi fecero venire i brividi, in quegli occhi c’erano sentimenti veri. Proprio come nei miei o nei vostri. Il mostriciattolo venne piano piano verso casa, e con la punta del naso bussò alla porta d’ingresso.

Spoiler sul finale
Il mostro viene perché la ama (!). La donna, inizialmente spaventata, inizia ad immaginarsi le cose peggiori da poter fare a quella creatura: questo causa la sua sparizione (?). Onestamente mi ha lasciato molto amareggiato… povero mostriciattolo!

NOME POKEMON Silenzio

Questo racconto di chiusura è serio e impegnato. Òzawa racconta la storia di quando ha dato un pugno a un suo compagno di classe, Aoki, che aveva sparso brutte voci sul suo conto: Òzawa era arrivato primo ad un test di inglese, e a quanto pare Aoki non poteva sopportarlo. Dopo l’episodio del pugno i due non si calcolano più a scuola. Qualche anno dopo uno studente si suicida, e Aoki sparge la voce che sia stato Òzawa a picchiarlo per tutti quegli anni (il protagonista fa boxe, quindi è plausibile per tutti). Da allora, i prof e gli studenti non gli rivolgono più la parola, nonostante sia innocente. Alla fine della storia, Òzawa spiega come non sono le persone come Aoki a fargli paura…

No, quella che mi fa veramente paura, è la gente che beve come oro colato le parole dei tipi come Aoki, che ci crede incondizionatamente. Le persone che si lasciano incantare, che seguono in massa qualcuno che non produce niente, non capisce niente, ma parla bene, in maniera persuasiva. A queste persone non passa neanche per l’anticamera del cervello che potrebbero sbagliarsi. Non riescono neanche a immaginare che possono ferire qualcuno irreparabilmente, senza motivo. Non si assumono la minima responsabilità degli effetti della loro condotta. Sono loro, quelli di cui ho paura. Sono loro, quelli che vedo in sogno. Nel sogno tutto tace, e mi appaiono delle persone senza volto. Il silenzio si infiltra ovunque come acqua fredda, e in quel silenzio tutto si scioglie. Compreso me, che vado dissolvendomi, e grido, grido, ma nessuno mi ascolta.

Murakami è molto compiaciuto in questi momenti!

Stile

Mi rendo conto che questa recensione è davvero troppo lunga, ma… giusto qualche accenno alle metafore. Vedete, Murakami ama fare metafore.

Qualcuna è azzeccata, ad esempio:

In confronto a me, Aoki si faceva notare come un cigno in mezzo al fango, qualunque cosa facesse.

Ma alcune sono davvero assurde, se la batte con Siobhan Dowd.

Fino ad allora i vestiti sporchi si erano accumulati nel bagno come formicai dell’Amazzonia.

***

I corvi, appollaiati in cima ai pali della luce, sbatacchiavano le ali lucenti come carte di credito.

***

Fuori dalla finestra passavano volando oggetti diversi. Un lenzuolo bianco che procedeva da est a ovest, pareva uno stregone che preparasse una bevanda magica di radici ed erbe. Un’insegna di latta lunga e stretta tutta piegata all’indietro, come uno dedito al sesso anale.

***

Al di là dei vetri gli alberi – dei cedri dell’Himalaya e degli ippocastani – si torcevano silenziosamente, come cani presi da un insopportabile prurito, stralci di nuvole simili a spie dallo sguardo sospettoso attraversavano il cielo a grande velocità e sparivano, e sul balcone di fronte alcune camicie si attorcigliavano attorno al filo di plastica, aggrappate come bambini abbandonati.

Anche quando prova a spiegarci qualcosa tramite immagini, Murakami non dà il massimo…

A forza di guardarli, a poco a poco ebbi l’impressione di essere io di proporzioni sbagliate. Provavo una sensazione strana, come se avessi messo degli occhiali molto forti e stessi andando all’incontrario su un ottovolante. Il paesaggio invece di venirmi incontro mi sfuggiva, facendomi prendere coscienza di quanto l’equilibrio del mondo al quale inconsciamente mi affidavo non fosse qualcosa di assoluto. Gli uomini Tv fanno sentire così la gente che li osserva.

***

La sveglia ticchettava, la lancetta come la punta dura di un’unghia che batteva su un asse invisibile vagante nel vuoto. Il mondo era un giocattolo a molla. Una volta al giorno gli uccelli-giraviti venivano, e ne avvitavano le viti. In quel mondo soltanto io invecchiavo, dentro di me andava crescendo una morte simile a una palla da softball bianca. E mentre dormivo profondamente tra Saturno e Uranio, gli uccelli-giraviti svolgevano scrupolosamente il loro compito.

Conclusioni

Vi consiglio la lettura de L’elefante scomparso e altri racconti? Dipende. Vi piacciono le storie trash? Vi piacciono i racconti sconclusionati? Vi piacciono i racconti che parlano di quotidianità? In realtà non mi sento di bocciare l’antologia – alcune storie sono belle – tuttavia penso che possa annoiare facilmente. Lo consiglio per quel gruppetto di racconti davvero, davvero interessanti: Il nano ballerino, Il secondo assalto a una panetteria, Affare di famiglia, Gli uomini tv, Il mostriciattolo verde e Silenzio. Dai, 6 su 17; non male, Murakami!

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