Recensione – La nave del destino di Robin Hobb

Eccoci qui alla fine della trilogia di Borgomago. È stata un’avventura epica, e sono solo all’inizio del viaggio! La nave del destino è un concentrato di emozioni. Ho evidenziato non so quanti passaggi sul kindle, per poi tornare indietro a rileggerli. Volevo che rimanessero impressi nella memoria il più possibile. Come al solito, questo articolo è indirizzato a chi ha già letto La nave del destino, in modo da poter parlare liberamente senza nascondere gli spoiler.

Scheda del libro

Titolo  La nave del destino
Autore Robin Hobb
Data 2000
Pubblicazione italiana 2009
Editore Fanucci
Traduttore Paola Bruna Cartoceti
Titolo originale
Ship of destiny
Pagine 724
Reperibilità Reperibile in cartaceo e in ebook

Trama

Inizialmente, leggendo Borgomago, ci interessiamo della vita della famiglia Vestrit e del pirata Kennit; andando avanti, ci rendiamo conto degli intrighi politici tra Jamaillia, Borgomago e Chalced. Infine, ne La nave del destino, la trama si amplia ancora di più: riguarda il ritorno dei draghi, i Signori dei Tre Reami. Le vite dei personaggi a cui ci siamo affezionati sembrano davvero dei piccoli insetti in confronto alla portata di questi cambiamenti a cui assistiamo! Della trama in sé parlerò poco, preferendo un approfondimento sui personaggi e su alcune situazioni specifiche.

flareon Ambra/Il Matto

Avanti. Quando avete capito che nella trilogia di Borgomago è presente un personaggio amatissimo della Trilogia dei Lungavista? Io, per una mia dimenticanza, ipotizzavo l’esistenza di più profeti nel mondo… ma ne nasce solo uno per generazione! Ho pensato di raccogliere tutti gli indizi per fare una sintesi:

-Althea già nel primo libro si rende conto che Ambra non leva mai i guanti, e sappiamo che il Matto deve nascondere le tracce argentee della magia.
-Ambra è abile nel lavorare il legno: analogamente, il Matto era abile nel legno (creava ad esempio dei giocattoli nel Regno delle Montagne).
-Il Matto si separa da Fitz alla fine de Il viaggio dell’assassino.
-Ne La nave della pazzia, qualcuno nota che Ambra ha l’orecchino che possiedono gli schiavi “liberati” di Chalced: è l’orecchino di Burrich, che dopo vari passaggi Fitz dona al Matto (ovviamente poteva essere di chiunque!).
-Ambra soffre di un malessere simile a quello di cui soffriva il Matto, e la sua pelle è molto particolare.
-Ambra, parlando con Paragon, dice che le hanno dato della matta e l’hanno chiamata profeta.
-Ma l’indizio più evidente sta forse nella forma che dà Ambra a Paragon, un ragazzo col codino e il naso rotto; oltre all’ascia (arma preferita di Fitz) e il motivo ornamentale dei cervi. Ambra dice che assomiglia alla persona che ama di più…

Insomma, avrei voluto capirlo prima!

flareon Cambiamenti #1: Ronica

Una cosa che mi stupisce sempre della narrativa di Robin Hobb riguarda il porre i suoi personaggi in situazioni completamente differenti rispetto al punto di partenza. Pensiamo a Ronica, una donna anziana che avrebbe voluto godersi tranquilla la vecchiaia e i nipoti, che invece perde tutto: una casa distrutta, figli e nipoti dispersi chissà dove, accusata per giunta di tradimento; deve rimboccarsi le maniche e trovare un modo per andare avanti. Ho apprezzato molto i paragrafi dedicati a lei, in quanto Borgomago è in preda a seri problemi: la città è mezza distrutta, i Mercanti non riescono a mettersi d’accordo e Chalced è una minaccia decisamente concreta. I cambiamenti che affronta Borgomago riguardano la società tutta: non si può negare più la presenza dei pescatori, parte integrante della città ma che vive ai margini, degli schiavi e dei nuovi mercanti. D’altronde Borgomago viene spesso percepita come un luogo snob pieno di Mercanti altezzosi; la musica, tuttavia, sta davvero cambiando (complice anche l’influenza positiva di Ambra sugli schiavi, chiamati anche i Tatuati). Ronica cerca di trovare una soluzione per ripristinare il nome della famiglia Vestrit, e si confronta spesso con Serilla, purtroppo accecata dal potere che cerca di mantenere ad ogni costo.

flareon Cambiamenti #2: Malta

Malta, invece, deve necessariamente adattarsi ad una situazione sfavorevole: dopo aver liberato Tintaglia, si ritrova col Satrapo e Kekki sull’infausto Fiume della Giungla delle Piogge. La povera Compagna beve dal fiume, il che la condurrà ad una morte lenta e inevitabile: tuttavia insegna a Malta come gestire il Satrapo (occorre molta pazienza e ipocrisia per relazionarsi con lui in modo vagamente efficace). A poco a poco assistiamo alla trasformazione di Malta, che diventa una vera Mercante, astuta e ingegnosa nel tenere in salvo la sua vita e quella di Cosgo su una nave di Chalced.

flareon Cambiamenti #3: Keffria

In questo gruppo includo anche Keffria, un personaggio per molti noioso e inutile, che però a me piace: una donna che aveva basato la sua vita attorno al concetto di famiglia, per poi trovarsi un marito come Kyle Heaven.

Sapere che Kyle è morto sarebbe quasi un sollievo. Potrei piangere il bene che avevamo, e lasciar andare il male. Se torna… non lo so. Sento emozioni contrastanti. Lo sposai perché era così autorevole. Ero certa che si sarebbe preso cura di me. Avevo visto quale fardello portavi sulle spalle mentre papà era in mare. Non volevo quella vita.» Guardò sua madre e scosse il capo. «Scusa se ho ferito i tuoi sentimenti.»
«No» disse brevemente Ronica, ma Keffria sapeva che mentiva. «Ma quando papà morì, e tutto cambiò, in qualche modo mi trovai a vivere comunque la tua vita.» Keffria sorrise amara. «Tanti dettagli, tanti compiti, finché non sentii che non rimaneva più tempo per me. La parte strana è che ora ho preso le redini e non credo di poterle deporre di nuovo. Anche se Kyle apparisse sulla porta domani e mi dicesse ‘Non preoccuparti, cara, penso io a tutto’, non credo che lo farei. Ormai so troppe cose.» Scosse il capo. «Per esempio sono più brava di lui nella gestione del patrimonio familiare. Ho cominciato a scoprirlo quando ho dovuto trattare con i creditori. Ho capito il tuo modo di procedere, e l’ho trovato sensato. Ma sapevo anche che a Kyle non sarebbe piaciuto usare la pazienza per tirare fuori la famiglia dai guai, un passo alla volta. E poi…» Rivolse gli occhi a sua madre. «Senti come parlo? Non voglio questi pesi sulle spalle. Ma non sopporto di cederli a chiunque altro. Malgrado tutta la fatica, mi piace avere il controllo della mia vita.»
«Con l’uomo giusto, puoi dividere quel controllo» osservò Ronica. Keffria sentì il suo sorriso contrarsi.
«Ma Kyle non è l’uomo giusto. Ora lo sappiamo entrambi.» Trasse un respiro profondo. «Se tornasse, non gli lascerei il voto di famiglia al Concilio dei Mercanti, perché io conosco meglio Borgomago e posso votare più saggiamente. Ma Kyle non lo sopporterebbe. Penso che basterebbe ad allontanarlo.»
«Kyle non sopporterebbe la tua capacità di gestire il voto? Che tu sia stata capace di badare a te stessa in sua assenza?» Keffria fece una pausa. Si costrinse a dire la verità.
«Non sopporterebbe il fatto che io abbia saputo farlo bene, mamma. Ma è così. E mi piace farlo bene. È uno dei motivi per cui sento di dover lasciare andare Selden. Perché nella sua breve vita mi ha mostrato che è più bravo a prendersi cura di sé stesso di quanto potrei fare io. Potrei tenerlo qui, al sicuro con me. Ma mi comporterei come quando Kyle mi teneva al guinzaglio.»

Le circostanze portano Keffria a prendere in mano la sua vita, e per me un segno della sua maturità è lasciare libero Sendren di vivere nella Giungla delle Piogge. Per essere un personaggio minore e poco amato, ho apprezzato il suo percorso, per quanto i capitoli dedicati a lei siano pochi.

flareon Responsabilità #1: Satrapo Cosgo

Robin Hobb premia tutti i personaggi che, nonostante le malefatte e gli errori, si assumono la propria responsabilità e si rimettono in riga. Il Satrapo, un ragazzo viziato e arrogante, è frutto del modo in cui è cresciuto: tutti non facevano altro che lodarlo, portargli donne e droga, lasciandogli credere che tutto è dovuto… nel mentre, i nobili dominavano la Satrapia secondo le loro regole. Eppure il viaggio assurdo che il Satrapo vive, tra le Giungle delle Piogge e il mare aperto, gli fa vedere il mondo in una prospettiva nuova: si rende conto di quanto è debole a causa del suo percorso di vita. Questo non significa che cambi drasticamente la sua personalità, ma quantomeno questa sua maturazione gli permette di salvarsi la pelle e di tornare a Jamailla. Vorrei citare altri due casi di responsabilità: Brashen e Kennit.

flareon Responsabilità #2: Brashen Trell

All’inizio Brashen non mi piaceva: mi sembrava un personaggio superfluo. Mi ci è voluto molto tempo per cambiare idea su di lui, e ne La nave del destino l’ho amato profondamente: Brashen rafforza il suo legame con Paragon e si circonda di un equipaggio fidato (dopo l’abbandono di Levoy). Ma soprattutto, Brashen è endgame con Althea, e la cosa mi fa molto felice! Finalmente una storia a lieto fine, grazie Robin Hobb! Alla fine di tutto, quando Brashen è convinto che Althea andrà con Vivacia, si assume la responsabilità per la sua nave e il suo equipaggio: ecco che il Brashen Trell scapestrato e irresponsabile ci mostra il suo vero cambiamento.

«Lo so» abbaiò Brashen. «Ma non servirà molto a Paragon, se sarai al timone di Vivacia.» Althea lo guardò senza capire. Poi il suo viso cambiò. La comprensione albeggiò.
«Oh, Brashen.» Si alzò. «Pensavi che partissi oggi. Su Vivacia.»
«Non parti?» Brashen odiò la lieve oppressione nella sua voce. La guardò torvo, rifiutando di sperare. Althea scosse con lentezza il capo. Brashen vide un’eco di perdita negli occhi.
«Là non c’è posto per me, Brashen. L’ho visto ieri. La amerò sempre. Ma è la nave di Wintrow. Toglierla a lui sarebbe… come quello che Kyle ha fatto a me. Sbagliato.» Brashen riuscì a mettere insieme le parole.
«Allora rimani con Paragon?»
«Sì.»
«E con me?»
«Così pensavo.» Althea alzò il capo verso di lui. «Pensavo che lo volessimo tutti e due. Essere insieme.» Abbassò lo sguardo. «è ciò che voglio io. Anche se sto perdendo il mio veliero vivente, so che voglio essere con te.»
«Althea, mi dispiace tanto.» Brashen tentò di controllare la sua espressione. «Davvero, mi dispiace. So ciò che la Vivacia significava per te, ciò che ancora significa per te.» Gli occhi di Althea brillarono di divertimento e irritazione. «Sembreresti più sincero se smettessi di ghignare.»
«Se potessi lo farei» garantì Brashen. Althea mosse tre passi, poi fu tra le sue braccia. Brashen la strinse. Sarebbe rimasta con lui. Voleva stare con lui. Sarebbe andato tutto bene. Per qualche momento l’abbracciò solamente. Dopo un lungo attimo chiese: «Mi sposerai? A Borgomago, nella Sala dei Mercanti?»
«Quello era il piano» concordò Althea. «Oh.» Althea alzò lo sguardo al viso di Brashen. I suoi occhi e il suo cuore erano così aperti a lei. Vide tutta l’incertezza e il dolore che gli aveva causato senza volere. Brashen le sorrise, e lei riuscì a restituire il sorriso. L’abbracciò più stretta, e Althea resistette all’impulso di liberarsi con dolcezza. Doveva superarlo. Quello era Brashen. Lei lo amava. Non avrebbe mai immaginato di doversi costringere a sopportare il suo tocco. Ma solo quella volta, solo per un momento, lo avrebbe fatto, per tutti e due. Poteva rilassarsi e sopportarlo. Brashen doveva essere rassicurato del suo amore. E Althea doveva dimostrare a sé stessa che Kennit non l’aveva distrutta. Solo per quella volta, poteva fingere di desiderarlo. Per Brashen. Alzò la bocca alla sua e gli permise di baciarla.

flareon Responsabilità #3: Kennit LaSuerte

Faccio fatica a parlare di questo personaggio così complesso e particolare. Ho sperato in un suo cambiamento. Ho sperato ingenuamente che si potesse redimere, ma Kennit alla fine fa cose che vanno al di là di qualsiasi redenzione: bruciare Paragon con l’equipaggio dentro e stuprare Althea segnano un punto di non ritorno per il Re dei Pirati. Seguiamo Kennit da La nave della magia, conosciamo i suoi pensieri e le sue emozioni (quando ci sono)… in un certo senso, la sua fine così rapida, quasi casuale, la trovo molto azzeccata (stessa sorte di Kyle Heaven, un uomo che non è per nulla cambiato). Una morte non epica per un personaggio che ha fatto tanti danni nel corso della sua vita, e che per pura casualità si è trovato a fare cose positive (ad esempio, liberare gli schiavi). Tuttavia, penso che la rivelazione più grande avviene a metà libero: scopriamo infatti che Kennit è un LaSuerte, e la sua nave era Paragon! Anche qui, come col Matto: qualcuno l’aveva intuito? Forse qualche indizio c’era, e in fondo non conoscevamo a fondo le storie di questi due personaggi. I parallelismi si sprecano: Paragon accoglie tutto il dolore di Kennit, di cui il pirata Igrot abusava quando era bambino. Un dolore al di fuori di ogni logica e comprensione: Kennit mette da parte completamente la sua infanzia, per concentrarsi sulla vendetta. Tuttavia, la rimozione di quel dolore lo ha privato, a mio avviso, di alcune qualità tipicamente umane, come l’empatia e la capacità di amare: forse l’unico verso cui prova una certa spinta è Wintrow, ma solo perché si rivede in lui. Verso la povera Etta, ha quasi sempre un parere sprezzante…

«Kennit, Kennit! Stai bene?» Stupida puttana, faceva sempre le domande sbagliate al momento sbagliato. Kennit soffocò le sue emozioni. Prese il fazzoletto e si asciugò il sudore freddo dalla fronte. Ritrovò la voce. «Sto benissimo, certo. E tu?» «Sembravi così… per un attimo ho temuto che saresti svenuto.» Gli occhi di Etta vagarono sul suo viso, tentando di leggerlo. Fece per prendergli le mani. Così non andava. Kennit le rivolse il suo sorrisetto. Doveva distrarla. «Il ragazzo» disse a voce bassa con un cenno verso Wintrow. «Può essere dura per lui. Come sta?» «è lacerato» gli confidò subito Etta. Forse un uomo di minor calibro si sarebbe offeso per la facilità con cui aveva spostato la sua attenzione da lui a Wintrow. Ma dopotutto Etta era solo una puttana. Sospirò.

Nonostante la morte di Kennit, verso la fine del La nave del destino la Satrapia riconosce l’autonomia al Regno dei Pirati, ed Etta si ritrova ad essere regina col suo figlio in grembo. Chissà che fine fa l’amuleto draconico destinato all’erede: il drago aveva intuito il potenziale ruolo di Etta e Wintrow?

flareon Soddisfazioni: Wintrow

Che meraviglia vedere il percorso di Wintrow “completarsi”. Il ragazzo rappresenta quel tipo di personaggio che affronta il dolore e la vita per crescere ed evolvere. Non mancano i momenti di debolezza, soprattutto considerando che Wintrow perde quei riferimenti che lo avevano sostenuto: Vivacia (che per un periodo si mette da parte per fare emergere Folgore) e Kennit (che dimostra via via la sua degenerazione come personaggio). Uno dei momenti più belli, per me, è questo confronto con Etta:

«Potrebbe essere il mio destino avere il bambino di Kennit: dare alla luce un principe per il re delle Isole dei Pirati.»
«Potrebbe anche non essere il tuo destino» osservò Wintrow. Il dispiacere balenò sul viso di Etta, subito sostituito dall’impassibilità. L’aveva ferita.
«è questo che credi, dunque.» Wintrow scosse il capo.
«No, Etta. Non credo né l’una né l’altra cosa. Dico solo che non dovresti legare i tuoi sogni a un figlio o a un uomo. Chi ti ama, o chi tu ami, non è significativo quanto chi sei. Troppi, donne e uomini, amano la persona che desiderano essere, come se amandola, o essendo amati da lei, potessero ottenere l’importanza che desiderano. Io non sono Sa. Non possiedo la sua onnipotente saggezza. Ma ritengo più probabile che tu trovi il destino di Etta in Etta, piuttosto che sperare che Kennit ti impregni del tuo destino.» La rabbia contorse il viso di Etta. Poi sedette immobile, gli occhi ancora luccicanti d’ira, ma anche di accurata considerazione delle sue parole.
Infine osservò brusca: «Difficile darti torto quando dici che potrei essere importante per me stessa.» Lo guardò dritto negli occhi. «Forse potrei considerarlo un complimento. Ma è anche difficile pensare che tu sia sincero, quando è ovvio che non credi lo stesso di te.» Etta continuò nel silenzio sbalordito di Wintrow: «Non hai perso la fede in Sa. Hai perso la fede in te stesso. Dici a me che mi misuro dalla mia importanza per Kennit. Ma tu fai lo stesso. Valuti il tuo scopo in termini di Vivacia o di Kennit. Prendi in mano la tua vita, Wintrow, e sii responsabile di te stesso. Forse allora potrai essere importante per loro.» Una chiave che gira in una serratura arrugginita. Fu quella la sensazione. O forse una ferita che sanguina di nuovo da sotto una crosta, pensò ironico Wintrow. Setacciò le parole di Etta, cercando un difetto nella sua logica, un equivoco nella sua formulazione. Non c’era. Etta aveva ragione. Un giorno Wintrow aveva in qualche modo rinunciato alla responsabilità per la sua vita.

Uno di motivi per cui amo Robin Hobb? Perché trascende la mera avventura fantasy per parlare di vita reale. Questa conversazione è una delle classiche bombe che l’autrice sgancia che, in base al momento in cui si legge, può scuotere fin nel profondo. Bisogna prendersi la responsabilità per la propria vita, senza valutarla in base alle altre persone, come sta facendo Wintrow in questo momento! Alla fine de La nave del destino, Wintrow diventa capitano della Vivacia; Althea realizza che non può prendere la nave al nipote, a suo avviso sarebbe un furto come fece Kyle.

flareon Soddisfazioni #2: i draghi

Ma quanto è bella Tintaglia, ragazzə? Robin Hobb ci introduce qui questa nuova razza, molto orgogliosa e altezzosa, che adora essere adulata! Per la prima volta vedo, in un fantasy, i draghi come una specie fiera e non come galoppini degli umani! Altro dettaglio sensoriale interessante è… l’odore di Tintaglia. Senza troppi giri di parole, fa molta puzza, ecco. Come ci si può immaginare da una creatura di tali dimensioni!

«Salite qui sopra» ordinò all’improvviso Tintaglia. Un attimo dopo ricacciò dentro la testa, stringendo saldamente fra le mascelle una robusta sezione di tronco, come un cane con un bastone. Lo sbuffo delle sue narici riempì di vapore la camera fresca, e il puzzo di rettile era opprimente. Reyn raccolse le ultime forze per alzarsi e sollevare Selden, aiutandolo ad arrampicarsi sul tronco.

I draghi sembrano molto avvezzi alla magia, in particolare possono comunicare tramite il pensiero, tuttavia non è chiaro, al momento, di che tipo di magia si tratti (se Arte, o Spirito, o una combinazione di entrambi… o qualcosa di sconosciuto).

flareon Amore e relazioni

Abbiamo visto su una relazione d’amore che finisce bene con Althea e Brashen; un’altra coppia molto carina è costituita da Malta e Reyn, che Tintaglia definisce “i miei antichi”. I due giovani infatti assumono sempre di più sembianze draconiche, e ho trovato molto tenero il fatto che Malta pensasse di essere troppo brutta agli occhi Reyn. Il ragazzo si fa un bel giro con Tintaglia in volo prima di localizzare la sua promessa sposa, e anche in questo caso sono stato soddisfatto di questo amore tormentato dalle distanze che finisce bene. Che poi non si tratta di una “fine”, ma di un inizio, però ci siamo capiti. Tuttavia, a parte questi amori canonici, Robin Hobb ci regala una riflessione sul rapporto tra amore e bisogno attraverso un dialogo fra la nave e Althea…

«Althea!»
La voce adorata vibrava di preoccupazione per lei, ma c’era qualcos’altro, qualcosa a cui Althea non sapeva dare un nome. Si girò e dopo un attimo confuso trovò Vivacia che guardava indietro verso di lei. La polena avrebbe dovuto essere felice, non ansiosa. «Andrà tutto bene» la rassicurò Althea. «Ora sono qui.» Tentò di correre, ma cominciò a barcollare. Jek, ancora al suo fianco, la sostenne fino alla murata. «Ora sono qui, nave» le disse infine, dopo tanti mesi. «Cosa ti ha fatto? Cosa ti ha fatto?»
Era Vivacia e non lo era. Tutti i suoi lineamenti erano sottilmente cambiati. Gli occhi erano troppo verdi, e l’arco delle sopracciglia troppo pronunciato. I capelli erano una criniera selvaggia attorno al viso. Eppure Althea sentì la vera differenza quando afferrò la murata. Un tempo erano state legate come pezzi di un rompicapo, completandosi a vicenda. Ora sembrava di stringere le mani di Jek, o la murata di Paragon. Era Vivacia, ma era completa senza Althea.
E neppure Althea era completa senza di lei. Si aspettava che la nave colmasse luoghi ancora vuoti e più che mai dolorosi.
«Ora sono una» confermò la nave con voce sommessa. «I ricordi della tua famiglia si sono uniti con il drago. Doveva succedere, Althea. Non potevo tornare a ignorare l’esistenza di Folgore, come lei non poteva andare avanti senza di me. Non ti dispiace, vero? Che ora io sia intera?»
«Ma io ho bisogno di te!» Le parole eruppero da Althea prima che potesse considerarne il significato. Era terribile rivelare a tutti una verità mai riconosciuta. «Come posso essere me stessa senza di te?»
«Come hai fatto finora.» Althea udì la saggezza di suo padre in quelle parole, e una sapienza anche più antica.
«Ma sto male» si sentì dire. Le parole traboccavano come sangue da una ferita.
«Guarirai» le garantì Vivacia.
«Non hai bisogno di me…» Quella comprensione la fece barcollare. Arrivare fin lì, con tanta fatica, con tante perdite, solo per scoprire questo.
«L’amore può esistere senza bisogno» osservò Vivacia con dolcezza.

flareon Identità

Riprendo un paragrafo affrontato ne La nave della pazzia: cosa sono le navi viventi? Sono davvero destinati ad essere niente di più di un addensamento di memorie passate? Una conversazione tra Ophelia, Vivacia e Jek ci dà una bellissima risposta:

Ophelia le fece eco con la sua risata licenziosa. Notò il silenzio di Vivacia. «Perché così pensierosa, mia cara? Ti manca il tuo Wintrow? Tornerà presto.» Vivacia si scosse dalle sue fantasie.
«No. Non Wintrow. Come dici tu, tornerà presto. A volte è un piacere essere sola con i miei pensieri. Guardavo il cielo e ricordavo. Più alto si vola, più stelle si vedono. Lassù ci sono stelle che non vedrò mai più. Non mi importava quando i cieli mi appartenevano ancora, ma ora mi sembra una perdita.»
«Sei giovane, troverai molte cose come quella nella tua vita» rispose il vecchio veliero vivente con fiducia. «Non ha senso continuare a pensarci.»
«La mia vita» rifletté Vivacia. «La mia vita di veliero vivente.» Si girò a guardare Ophelia con un sospiro. «Quasi ti invidio. Non ricordi nulla, quindi non ti manca nulla.»
«Ricordo molto, mia cara. Non disdegnare i miei ricordi, solo perché hanno vele invece di ali.» Annusò sdegnosa. «E la mia vita non è affatto da disprezzare, oserei aggiungere. Neanche la tua. Impara dal mio Grag. Non sognare le stelle, quando hai il vasto mare intorno a te. È un cielo anche quello, sai.»
«E con altrettante stelle» osservò Jek. Balzò di nuovo sul molo e si stiracchiò fino a far scricchiolare le giunture.

Attraverso la metafora delle navi viventi, Robin Hobb ci dà un insegnamento sul valore della vita, da prendere per quella che è. Nonostante il fato di questi bozzoli sia stato segnato dal terremoto e dall’azione umana, questi draghi hanno la possibilità di esistere, sotto forma differente, certo. Ma non esiste solo il cielo, esiste anche il mare, altrettanto vasto e, come ci informa la pratica Jek, altrettanto pieno di stelle.

Conclusioni

La nave del destino si conferma la perfetta conclusione per la trilogia di Borgomago. I tre libri costituiscono una storia unica, con un inizio e una fine ben precisi, e Robin Hobb è in grado di risolvere tutte le trame iniziate con La nave della magia. Ci sono stati molti dolori e sfighe, ma anche molte soddisfazioni, non ultima il ritrovamento del tesoro di Igrot! Ambra prende per sé solo una corona di legno molto interessante, ma in realtà tutti quanti diventano ricchi in modo estremo. E Robin Hobb è riuscita anche a farci piangere uno stronzo come Kennit, non è da poco. Adesso sono pronto per tuffarmi nella Trilogia dell’Uomo Ambrato, non vi nascondo che fremo all’idea di andare avanti con questa saga!

 

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