Recensione – La principessa testarda e il principe pezzato di Robin Hobb

La principessa testarda e il principe pezzato è una novella scritta da Robin Hobb nel 2013 e portata in Italia da Fanucci di recente. Si colloca all’interno della saga del Regno degli Antichi ed ambientata nei Sei Ducati, molto tempo prima delle vicende de L’apprendista assassino. Si tratta di un’ottima aggiunta al catalogo di Robin Hobb, autrice incredibilmente amata ed apprezzata dagli italiani e non solo! Non mi concentrerò troppo sulla trama (alla fine la storia in sé è un centinaio di pagine), quanto piuttosto sui personaggi, sull’ambientazione e sui collegamenti con gli altri libri (tutti gli spoiler sono accuratamente segnalati!).

Scheda del libro

Titolo  La principessa testarda e il principe pezzato
Autore Robin Hobb
Data 2013
Pubblicazione italiana 2021
Editore Fanucci
Traduttore Francesco Vitellini
Titolo originale
The Wilful Princess and the Piebald Prince
Pagine 250
Reperibilità Reperibile in cartaceo e in ebook

Trama

Su richiesta di Pettirosso, io, Felicia, scrivo queste parole. Lui era un uomo di lettere e avrebbe potuto intraprendere da sé questa impresa se il fato gli avesse concesso il tempo di farlo, ma non accadde. Con entusiasmo, incaricò me di questo compito, pregandomi di essere completamente sincera, com’è appropriato per la memoria di un cantastorie che narra la verità, e di scrivere con la mia calligrafia migliore, perché desiderava che queste parole fossero leggibili per chiunque volesse farlo, tra un anno o tra vent’anni da adesso.

Queste sono le premesse con cui inizia la novella La principessa testarda e il principe pezzato. Felicia è la figlia della balia della principessa Cautela: la sua unica possibilità di sopravvivere a corte, a detta della madre, è quella di stare attaccata alla principessa (e farle da balia in futuro). Abbiamo quindi un punto di vista privilegiato, intimo, interno alla corte di Castelcervo.

flareon Chi è l’Altro?

La protagonista mi ha fatto tornare in mente un saggio di Ursula K. Le Guin (da cui sappiamo si sia ispirata Robin Hobb), presente ne Il linguaggio della notte:

Uno dei grandi socialisti del passato disse che in una società la condizione delle donne è un indice abbastanza indicativo del grado di civilizzazione di quella società. Se questo è vero, allora la condizione infima delle donne nella fantascienza dovrebbe farci chiedere se la fantascienza non sia affatto civilizzata.
Il movimento femminista ha reso consapevoli molti di noi del fatto che la fantascienza o ha completamente ignorato le donne, o le ha presentate come bambole squittenti, soggette a violenza immediata da parte di mostri, o come vecchie zitelle scienziate, senza sesso a causa dell’ipertrofia degli organi intellettuali, o, al meglio, come fedeli mogliettine o amanti di eroi perfetti. L’atteggiamento elitario maschile ha imperversato nella fantascienza. Ma si tratta solo di un atteggiamento elitario maschile? Non è la «soggezione femminile» nella fantascienza semplicemente un sintomo di un complesso che è autoritario, fautore dell’adorazione del potere, ed estremamente provinciale?
Il problema qui sollevato è il problema dell’Altro, dell’essere che è diverso da te stesso. Tale essere può differire da te nel sesso; o nel suo reddito annuale; o nel modo di parlare, di vestire e di agire; o nel colore della pelle, o nella quantità di gambe e di teste che ha. In altre parole, esiste l’Alieno sessuale, e l’Alieno sociale, e l’Alieno culturale, e infine l’Alieno razziale.
E allora, che dire dell’Alieno sociale nella fantascienza? E, in termini marxisti, del «proletariato»? Dove sono essi nella fantascienza? Dove sono i poveri, la gente che lavora sodo e va a letto con la fame? Ci sono mai delle persone nella fantascienza? Esse appaiono come sterminate masse anonime che fuggono davanti a gigantesche bolle di melma provenienti dalle fogne di Chicago, o che muoiono a milioni e milioni a causa dell’inquinamento o delle radiazioni, o come eserciti privi di volti condotti in battaglia da generali e uomini di Stato. Nei racconti di «sword and sorcery» si comportano come le comparse in una rappresentazione scolastica di Il principe di cioccolata. Di tanto in tanto c’è una ragazzotta prosperosa che viene onorata delle attenzioni del Comandante del Supremo Comando Terrano, o c’è un vecchio cuoco eccentrico, tra l’equipaggio di un’astronave, che parla con accento svedese o scozzese e rappresenta la Saggezza Popolare.
La gente nella fantascienza non è gente. È massa, che esiste per un solo scopo: farsi guidare dai capi.

Il discorso che Ursula applica alla fantascienza a mio avviso si può applicare anche al fantasy: chi sono gli abitanti di Castelcervo? Chi sono gli stallieri, gli inservienti, i cuochi, i messaggeri, le guardie? Un merito di Robin Hobb è quello di dare un nome a queste persone, che non fanno parte di una massa indistinta, amorfa: sono persone con una voce. E un destino. Le azioni di Felicia, una persona di cui probabilmente nessuno si ricorda a Castelcervo, hanno influenzato sulla storia dei Sei Ducati e dei Lungavista in generale. Robin Hobb è perfettamente consapevole che la storia non viene fatta soltanto da chi ha il potere, ma da tutte le persone, anche quei “poveri, la gente che lavora sodo e va a letto con la fame” che cita Ursula K. Le Guin.

flareon Dinamiche di potere

Felicia ci racconta che la principessa Cautela viene viziata fin da bambina: le viene sempre concesso tutto!

All’inizio, Cautela pretendeva di averla vinta solo nelle piccole cose. […] Crescendo, la principessa Cautela pretendeva di fare a modo suo anche in cose più grandi. Dal rifiuto di qualsiasi gonna, tranne quelle gialle, passò a pretendere una cascata di abiti alla moda ed elaborati. Non mangiava la carne di manzo, maiale o volatile, ma si nutriva solo con quella di cervo, mattina, mezzogiorno e sera, in inverno in estate. E così il cacciatore doveva cacciare e il macellaio doveva preparare le prede per tutto l’anno, per assicurarsi che la principessa gradisse i suoi pasti, anche quando la stagione non era adatta all’uccisione di un cervo.

Robin Hobb è fortemente critica verso l’educazione troppo permissiva: non mancano gli esempi nei libri successivi…

Spoiler minore e generico sulla saga (fino a Borgomago)
I personaggi di Regal e del Satrapo sono due esempi di lampanti di giovani adulti che si lasciano andare a tutti i vizi possibili e immaginabili, non prendendosi le dovute responsabilità rispetto al loro ruolo; tutto questo è in parte dovuto al modo in cui sono cresciuti (ovviamente anche altri fattori si mettono in mezzo, chiaro).

Aggiungo anche il contrasto tra il nome della principessa e il suo carattere testardo: nei Sei Ducati, il nome dato dalle persone nobili riflette il temperamento degli stessi, o quantomeno una speranza, un augurio. Nel caso specifico, la principessa Cautela è tutto meno che cauta, anzi, viene definita testarda persino nel titolo: una conseguenza praticamente naturale del modo in cui è stata cresciuta. Una parte della responsabilità se l’assume Felicia, che amava profondamente la ragazza, coccolandola in tutti i modi possibili.

flareon Il ruolo della scelta

Quasi tutti i personaggi creati da Robin Hobb hanno una possibilità di scegliere il proprio destino. Non solo: a volte le scelte prese da personaggi “minori” hanno la capacità di influenzare l’intero corso degli eventi! In questo caso, Felicia prende una decisione molto sofferta… ne parlo però sotto spoiler:

Mostra piccola riflessione
La principessa Cautela si innamora di un giovane stalliere venuto dal Chalced, che la mette incinta. Felicia di conseguenza cerca di avere un bambino per poterle fare da balia… quando la principessa lo scopre, reagisce in modo sprezzante;

“Tu? si sedette sbalordita, lasciando che l’aria fredda della stanza penetrasse nel letto che condividevamo? “Tu aspetti un bambino?” Rise forte, ma non fu un suono gioioso. I suoi modi increduli mi fecero sentire derisa.
“Di chi è?” mi domandò,  con la bocca piena di sorrisi gelidi. “Quale ragazzino o vecchio hai abbordato su delle scale al buio?”
Io non sono bella, nemmeno carina. È gentile dire che sono banale. Ho i denti storti, le gambe sottili e la faccia butterata. So che i garzoni di cucina mi chiamano ‘Occhi di Porco’. Per cui, non so spiegare perché la sua derisione allora mi ferì così profondamente, tranne per il fatto che non mi aveva mai parlato in quel modo prima. A volte mi guardo indietro e mi chiedo se non si fosse sentita tradita da me. Forse in segreto aveva sperato che il mio cuore sarebbe stato suo e suo soltanto? Perché, altrimenti, parlarmi con la lingua affilata?
Ma io ero stata istruita per occupare il mio posto nel suo mondo per ogni giorno della mia vita. Quindi, anche in quel momento dalle mie labbra non uscirono parole di rabbia. Il mio piano per salvarla, e per salvare anche me stessa, mi si presentò in mente in quell’istante, in ogni dettaglio. Così mi limitai a sorridere, mostrando i miei denti storti, e dissi: “Forse il capostalliere non ha una vista acuta come gli altri, perché non sembrava trovarmi brutta quando mi ha portata a scaldare il suo letto.”
Mille volte e mille volte mille ho desiderato di non aver detto quelle parole. Furono le parole che misero fine alla mia vita.

Analizziamo un attimo questo discorso. Felicia stravede per la principessa, ma per Cautela lei è una semplice inserviente da deridere, non da trattare con gentilezza. Se Cautela l’avesse trattata bene, Felicia si sarebbe inventata quella bugia per tenerla lontana da Equo? Pensiamo alle conseguenze di questa bugia: Cautela muore consumata dal dolore, il principe Corsiero muore in un modo orribile, il destino dell’Antico Sangue è segnato. Umbra insegna che non sempre le parole che diciamo possono tornare indietro, e questo è un esempio emblematico. Ovviamente Felicia non poteva sapere che cosa avrebbe scatenato; Robin Hobb dimostra che tutti gli attori coinvolti in una storia hanno un loro peso, persino quelli più… invisibili.

flareon Usi e costumi a Castelcervo

Per gli amanti del worldbuinding, La principessa testarda e il principe pezzato offre uno spaccato interessante del contesto dei Sei Ducati qualche secolo prima delle avventure di Fitz. L’Arte è qualcosa che conoscono tutti: il principe Corsiero viene scandagliato per scoprire se possiede la magia, e Felicia è a conoscenza delle Confraternite; ai tempi di Fitz, l’Arte è incredibilmente misteriosa, la conoscenza a riguardo sembra perduta e non tutti sanno cosa sia una Confraternita. Tuttavia, la cosa più grossa riguarda sicuramente il ruolo dello Spirito: a quei tempi chi possedeva l’Antico Sangue non veniva perseguitato, anzi! Un’affinità speciale con gli animali era vista come una dote per certi tipi di lavoro. Un’altra cosa che mi ha sorpreso (ma forse non dovrebbe sorprendermi) è il lavoro di balia: Felicia viene spinta dalla madre a questo lavoro (viene utilizzata la parola “mucca” più volte), come se non avesse altra possibilità di successo nella vita. So che è perfettamente contestualizzato, eppure ho avvertito una sensazione di disagio per tutto il tempo…

flareon Corsiero Lungavista

Metà della novella è dedicata a Corsiero Lungavista, conosciuto anche come il Principe Pezzato. Purtroppo non abbiamo un punto di vista privilegiato come succede con Fitz, ma ho trovato parecchie similitudini tra di loro…

Mostra Spoiler su Corsiero (da leggere solo se avete letto la Trilogia dei Lungavista!)
Corsiero non nasce all’interno di un matrimonio legittimo, così com’è stato per Fitz. La loro infanzia è simile: entrambi crescono con la compagnia di ragazzi del borgo e degli inservienti, rispetto alla compagnia dei nobili. Entrambi vivono un amore parecchio sofferto (che causa scompiglio a corte) ed entrambi muoiono a causa del pregiudizio sullo Spirito (tecnicamente Fitz risorge pure). Corsiero mi ha ispirato molta tenerezza fin da subito, sia per il modo in cui cresce sia per la fine meschina che fa. Da notare che pure i loro nomi, in inglese, sono molto simili: Changer e Charger, un gioco di parole probabilmente intraducibile in italiano ma che denota il ruolo chiave che avranno nella storia dei Sei Ducati (e non solo!).

flareon Considerazioni sul finale

Beh, qualcosa sul finale devo dirvela. Ovviamente sotto spoiler, visto che si parla di cose molto grosse!

Spoiler finale!
Il figlio della regina Fatua non è di Astuto, ma di Corsiero! Solo Felicia è in grado di riconoscerlo a causa di una voglia. Vorrei fare due osservazioni a riguardo. La prima: per Robin Hobb al potere va solo chi è meritevole. Non sarebbe mai potuto essere l’erede di Astuto, che ha massacrato il legittimo erede dei Lungavista e preso il suo posto. Infatti, fino all’ultimo ho sperato in qualcosa che salvasse la storia, e così è stato. Robin Hobb ama le storie tragiche, ma ha un fortissimo senso di giustizia! Punto secondo: nella genealogia dei Lungavista non soltanto scorre forte l’Arte, ma anche lo Spirito! Ne La furia dell’assassino c’è un dialogo molto interessante che riguarda da dove Devoto abbia potuto ereditare lo Spirito… Insomma, la novella può essere letta come una “semplice” storia, ma ha tantissimo da raccontare per un appassionato della saga!

Quando leggere La principessa testarda e il principe pezzato?

Infine, vi lascio le mie considerazioni sul quando leggere questa novella. È vero che, cronologicamente, si colloca prima della Trilogia dei Lungavista. Tuttavia, il mio consiglio è di approcciare a La principessa testarda e il principe pezzato solo dopo aver letto Il viaggio dell’assassino. Questo perché nella novella si parla di Arte e Spirito dando per scontata la loro conoscenza, e noi abbiamo un’intera trilogia (anzi due) in cui se ne parla! Inoltre, L’apprendista assassino è disponibile ovunque, per cui direi sia un ottimo punto di partenza. Ora: va letto prima o dopo la Trilogia dell’Uomo Ambrato? Ecco, personalmente direi che si possa leggere prima, nonostante la leggenda del Principe Pezzato sia una componente centrale de Il risveglio dell’assassino e de La furia dell’assassino. In particolare, c’è una cosa a cui avrei fatto caso solo se avessi letto prima la novella; ma c’è da dire che il fandom è diviso a riguardo (non si può parlare di spoiler vero e proprio, intendiamoci: è giusto un dettaglio, per quanto sia un dettaglio importante).

Conclusione

La principessa testarda e il principe pezzato è una chicca per tutti gli appassionati di Robin Hobb e del Regno degli Antichi: la storia è bella e drammatica, la lore è intrigante e i personaggi interessanti. Poi vabbè, non credo di essere obiettivo su Robin Hobb: amo qualsiasi cosa lei scriva! Spero possa piacere anche a voi questa novella (che contiene anche qualche capitolo de L’apprendista assassino) e che Fanucci possa pubblicare anche gli altri racconti ambientati nel Regno degli Antichi! Vi saluto con i link per le altre recensioni.

L’apprendista assassino
L’assassino di corte
Il viaggio dell’assassino
La nave della magia
La nave della pazzia
La nave del destino
Il risveglio dell’assassino

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