Recensione – Le quattro casalinghe di Tokyo di Natsuo Kirino

Non ho scritto subito questa recensione de Le quattro casalinghe di Tokyo: sono rimasto a riflettere per un po’. Poi ho dato un’occhiata alle recensioni sul web e mi sono confrontato con un’amica che l’aveva letto da piccola. Non so fino a che punto sarò in grado di dare un parere uniforme perché questo libro mi ha colpito parecchio, e allo stesso tempo non mi sento di condividere l’entusiasmo di chi l’ha amato. Le quattro casalinghe di Tokyo è un libro pesante, morboso, allucinante e troppo lungo. Questo è il punto di partenza per me.

Scheda del libro

Titolo Le quattro casalinghe di Tokyo
Autore Natsuo Kirino
Data 1997
Pubblicazione italiana 2008
Editore Neri Pozza
Traduttore Lydia Origlia
Titolo originale Out アウト
Pagine 652
Reperibilità Reperibile online e in libreria

Trama

Quattro donne di età diversa lavorano in una fabbrica per colazioni di Tokyo, facendo un turno notturno molto faticoso: Masako, Yoshie, Yayoi e Kuniko. Si dividono i compiti per lavorare meglio organizzate e chiacchierano finito il turno, ma non le definirei “amiche”: il loro rapporto è davvero intricato e particolare. Il cuore del romanzo è l’omicidio di Kenji, strangolato dalla moglie Yayoi durante un raptus nel loro appartamento. L’uomo aveva dilapidato i risparmi (5 milioni di yen) giocando a carte, si ubriacava spesso, alzava le mani alla moglie… Yayoi chiama disperata Masako chiedendole aiuto: la collega si precipita a casa sua per prelevare il cadavere, per poi sezionarlo nel bagno di casa con l’aiuto di Yoshie e di Kuniko. Questo incipit mi ha ricordato il Sospettato X, in quanto anche lì si cerca di coprire l’omicidio di un uomo perpetrato dalla (ex in questo caso) moglie; in quel libro, però, la trama si incentra sul come hanno fatto ad eludere la polizia. Ne Le quattro casalinghe di Tokyo il fulcro è un altro. Purtroppo, la trama non avanza minimamente per le circa 500 pagine (troppe) in cui la Kirino descrive minuziosamente i punti di vista non solo delle quattro donne, ma anche di altri personaggi più o meno rilevanti. È il caso di Satake, un uomo che in passato ha violentato e poi ucciso una donna: egli viene accusato dell’omicidio di Kenji perché lo ha picchiato la sera stessa della sua morte. Deciso a vendicarsi, Satake organizza un piano che malefico è dir poco: ha quindi senso di esistere un punto di vista dedicato a lui. Meno interessanti sono i capitoli narrati dal punto di vista di Kazuo, un uomo mezzo giapponese e mezzo brasiliano invaghito di Masako; di Anna, la prediletta squillo di Satake; di Jumonji, un personaggio molto persuasivo che incalza a pagare quelli sommersi da debiti. La prima parte viene allungata all’inverosimile, e non mancano capitoli con due punti di vista differenti che raccontano lo stesso episodio; andavo avanti per inerzia, non molto interessato agli avvenimenti.

Le cose cambiano a 200 pagine circa dalla fine:

Mostra spoiler
Jumonji decide di coinvolgere Masako in un business di “eliminazione” dei cadaveri. La paga è altissima e Masako accetta, con la complicità di Yoshie.

L’impressione che mi ha lasciato questo libro è stata sgradevole, macabra: una sensazione di sporcizia. Le quattro casalinghe di Tokyo non è scritto bene a mio avviso, e la trama lascia molto a desiderare: mi viene da pensare che la Kirino non avesse in mente di voler scrivere una storia troppo elaborata e plausibile, quanto un viaggio nella depravazione umana. In quest’ottica, il romanzo può essere interpretato nell’ottica del what if, tuttavia non in chiave fantasy, ma una cosa del tipo: cosa succederebbe se un gruppo di persone normali mettesse in pratica tutte le fantasie più recondite? Il pensiero di Yayoi “ammazzo mio marito” potrebbe balenare nella mente di una persona una tantum, il punto è che quell’istinto viene tenuto a bada nella gran parte dei casi. Ma quando tale pulsione distruttiva non viene trattenuta, quando si da voce a tutti i pensieri più macabri, ecco che ci troviamo in questo romanzo distorto e perverso. La spirale di orrori è continua e non si può tornare indietro: una volta iniziata, i personaggi scoprono nuovi modi per essere distruttivi. E così il punto più alto, più osceno, più nauseante (lo metto sotto spoiler)…

Mostra spoiler
è quello in cui Masako e Yoshie si occupano del cadavere di Kuniko: la tanto odiata collega adesso sta lì, nuda, morta, un corpo inerte da segare e spedire via posta per essere bruciato. Questa immagine mi ha fatto venire gli incubi.

“«Un momento. Perché mai le avrebbero coperto il viso? A meno che…» Spinta da un presentimento, Masako afferrò le forbici e tagliò svelta la plastica nera. E tutto divenne chiaro come il sole. «Infatti è proprio Kuniko».Una faccia ottusa, con la lingua penzoloni e gli occhi semiaperti. Il viso esanime di Kuniko, i suoi piccoli occhi astuti, la sua avida bocca rilassata. Il bagno, che fino ad allora era stato solo il luogo in cui dissezionavano corpi più o meno sconosciuti, si trasformò di colpo in una camera mortuaria, solo perché il cadavere era quello di una che conoscevano bene. Nessuno parlava. Poi Yoshie scoppiò in singhiozzi. Jumonji era paralizzato dal terrore. […] «Kuniko ci è stata spedita apposta. È chiaro!»
«Ma potrebbe anche essere stato un caso», protestò Yoshie.
«Ma che dici!» urlò Masako. Era talmente eccitata che non riusciva più a controllare il tono della voce. Si morse le unghie, cercando di recuperare la sua consueta freddezza.
Intervenne Jumonji: «A pensarci bene, il cadavere mi è stato consegnato davanti all’ingresso posteriore del parco di Koganei. Ecco che cos’era quello strano presentimento».
«Davvero?» A Masako si drizzarono i peli su tutto il corpo. Sapeva tutto. Quel delinquente sapeva tutto. Perciò aveva ucciso Kuniko, per terrorizzarli. Ma a che scopo? Rivolgendosi a Kuniko, afflosciata sul pavimento davanti a lei, si mise a urlare: «Stupida oca svergognata, dicci subito che cosa è successo!».
Jumonji le afferrò un braccio: «Si calmi adesso, signora Katori».Yoshie la guardava a bocca aperta: «Che cos’hai adesso?»«Come se non ci fosse da diventare pazzi!» sbuffò Masako.«Perché?»«Lo volete davvero sapere? Bene, adesso ve lo dico chiaro e tondo», rispose girandosi verso di loro. «Qualcuno ci ha preso di mira. Questo qualcuno si è intrufolato in casa di Yama-chan e la ha spiata. È venuto a ficcare il naso anche da me. Poi ha escogitato il piano di avvicinare Kuniko e ucciderla per farcela eliminare».«E perché uno dovrebbe prendersi tutto questo disturbo? Anche se ha ammazzato Kuniko, che bisogno ha di spedircela? È stato sicuramente un caso», piagnucolò Yoshie.«No, l’ha fatto di proposito, per mostrarci che sa tutto».
«Ma perché?»
«Per vendetta». […] Detto questo Masako si girò di nuovo verso il corpo di Kuniko. Che cosa dovevano farne? Questo era il primo problema da affrontare. Farlo a pezzi? Potevano anche risparmiarsi la fatica, dal momento che chi l’aveva mandato aveva già raggiunto il suo scopo, quello di terrorizzarli. Tuttavia abbandonare il cadavere così com’era sarebbe stato troppo pericoloso.
«Che ne facciamo di Kuniko?»
«Andiamo alla polizia e confessiamo tutto», sbottò Yoshie con voce opaca. Distrutta, si era accasciata sul pavimento vicino alla lavatrice. «Perché dobbiamo continuare ad agire in modo così sconsiderato? Non ho nessuna voglia di stare ad aspettare finché non farò la fine di Kuniko!»
«Allora finiremo tutti dietro alle sbarre. Ti va bene?»
«No», disse Yoshie, «ma che altro possiamo fare?»
«Abbandoniamola da qualche parte così com’è», propose Jumonji dopo un breve silenzio meditativo, lo sguardo fisso sugli opulenti seni di Kuniko.«Dove?»
«In un luogo qualsiasi. Poi facciamo finta che non sia successo niente».
[…] Masako vide il pezzo di tessuto nero in bocca a Kuniko. Si infilò svelta un paio di guanti di plastica e lo tirò fuori. Erano dei lussuosi slip bordati di pizzo, appallottolati con cura, della taglia di Kuniko. Probabilmente li aveva indossati immaginando che avrebbe avuto l’occasione di svestirsi. Nello spogliatoio dello stabilimento, infatti, le aveva sempre visto addosso biancheria da poco prezzo.«Glieli ha ficcati in bocca e l’ha strangolata», dichiarò Jumonji guardando impietosito il largo ematoma sul collo di Kuniko. Continuando a tenere in mano gli slip, Masako gli chiese: «Mi dica, Jumonji-san, era un bell’uomo?»«Be’, della faccia non posso dire molto, ma come corporatura non era male».Kuniko era stata adescata! Masako cercò di ricordare se la compagna le avesse parlato di un uomo. Ma, a causa della loro recente rottura, non sapeva proprio niente delle sue relazioni private.Rassegnata lasciò cadere le spalle e sospirò: «Allora non ci resta che sezionarla. Al momento mi sembra che non abbiamo alternative».
«Cosa dici? Ma io non voglio! No, non lo farò», bisbigliò Yoshie.
«Fare a pezzi Kuniko! Continuerei ad avere incubi!»
«Allora non hai bisogno di soldi, vero, maestra? Bene, come vuoi, allora faccio tutto da sola e mi tengo anche la tua parte. E neppure il milione di cui abbiamo parlato, naturalmente», disse Masako.
Subito Yoshie si inalberò: «Ma non puoi farlo! Devo fare il trasloco!»
«È vero, e se a qualcuno viene in mente di avvicinare un fiammifero a casa tua, puoi dire ciao a tutto», replicò sadica Masako, e Yoshie dovette chinare la testa.”

I don't think I feel well - Psicologorroico

Ambientazione

Ne Le quattro casalinghe di Tokyo, la Kirino apparentemente vuole fare molta critica sociale, descrivendo i turni di lavoro massacranti notturni. Come esercizio di stile non l’ho trovato molto efficace, visto che sembra messo lì per dire “guardate! Ho fatto dei turni veri per immergermi in questo mondo e renderlo verosimile!”. Altra tematica inserita a caso secondo me è la condizione degli immigrati giapponesi in Brasile che tornano a cercare lavoro… voglio dire ok, capisco che tu voglia mostrare certi aspetti critici del mondo giapponese, ma devi inserire queste parti in modo naturale. E la parte di Kazuo è poco interessante. Più sottile e meglio calato all’interno del libro è la descrizione del vecchio lavoro di Masako: il suo tentativo di avere uno stipendio pari a quello degli uomini viene visto malissimo da tutta l’azienda, e lei si ritrova sola ed emarginata, pur essendo una lavoratrice instancabile. Devastante è il clima di isolamento, di negazione delle emozioni, di inerzia delle famiglie giapponesi dipinte: Masako vive in casa col marito e il figlio, ma il figlio non le parla, il marito è un’ameba.

«Ti senti già inaridita? Fredda e distaccata?» Yoshie voleva scherzare, ma Masako pensò che era esattamente così. Fredda e inaridita strisciava sul terreno. La sua attuale esistenza era quella di un rettile.

Yoshie deve prendersi cura della suocera malata, la figlia minore le chiede sempre soldi ma non hanno rapporti, la figlia maggiore torna dopo tre anni per lasciarle in affidamento il figlio… vite di silenziosa disperazione, come direbbe Ursula Le Guin. Il parossismo per Yoshie viene raggiunto quando incendia casa sua, dove sa che l’anziana signora non può certo fuggire: tutto ha un tono di disumanizzazione, dallo smembramento dei cadaveri all’uccidere per vendetta o esasperazione.

Conclusione

Un libro pesante e con molti problemi di scrittura. Le quattro casalinghe di Tokyo di certo non lascia indifferente, anzi: una sensazione di diffusa repulsione penso sia la reazione più tipica. Non è adatto a tutti: lo consiglio solo a chi ha uno stomaco forte (e molta pazienza nel leggere le porzioni noiose di testo). Ultima menzione sul titolo italiano: ma che diamine c’entra? L’originale, Out, sembra molto più azzeccato…

Comincia la discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *