Recensione – La città di luce e d’ombra di Patricia McKillip

Con mio grande rammarico ho scoperto che qualche mese fa è morta Patricia McKillip, un’autrice fantasy di un certo calibro, vincitrice di numerosi premi, tra cui il World Fantasy Award for Lifetime Achievement. Non ho visto nessuno parlarne, purtroppo: è una scrittrice di cui hanno tradotto pochi libri in Italia. Mi piacerebbe cercare di darle un po’ di spazio con degli articoli, chissà che qualche casa editrice possa interessarsene… iniziamo con La città di luce e d’ombra, vincitore del World Fantasy Award nel 2002.

Scheda del libro

Titolo  La città di luce e d’ombra
Autore Patricia McKillip
Data 2002
Pubblicazione italiana 2005
Editore Editrice Nord
Traduttore Gianluigi Zuddas
Titolo originale
Ombria in Shadow
Pagine 269
Reperibilità Difficile reperibilità, solo usato

Trama

La città di luce e d’ombra è ambientato nella fantastica città di Ombria, il cui principe, Royce, sta morendo: a prendere il potere sarà una donna molto anziana, Domina Pearl, in quanto il figlio del principe, Kyel, è solo un bambino. Ducon, il nipote bastardo di Royce, potrebbe essere un buon candidato a fare il reggente, ma pare unicamente interessato ai suoi disegni e alla sua arte. Inoltre, Domina Pearl è difficile da contrastare: è potentissima e ha occhi ovunque. Un altro personaggio coinvolto è Lydea, la concubina del principe, prontamente cacciata dal palazzo alla sua morte. La trama è incentrata su questi personaggi su cui verte il futuro di Ombria: a loro si aggiunge Mag, una ragazza fatta di cera, al servizio della maga Faey. Inseguimenti, esplorazioni, magie: La città di luce e d’ombra si incentra sulla scoperta del passato mitico della città e sul tentativo di impedire a Domina Pearl di uccidere il piccolo erede al trono.

Worldbuilding

Ho amato la descrizione della città, con i suoi cunicoli, le sue zone segrete, e la sua parte speculare fatta d’ombra. Il mondo descritto dalla McKillip è volutamente misterioso e fumoso, soprattutto grazie alle parti dedicate a Mag e Ducon.

Mag era sotto il palazzo dei governanti di Ombria. Aveva preso una diramazione sotterranea dopo il campo di girasoli, oltre il grande camino la cui canna fumaria sfociava lassù. L’acqua piovana e un canale fognario straripato avevano fatto crollare la facciata dell’edificio in cui c’era il camino, ma il suo retro si trovava a contatto dei labirintici scantinati del palazzo. Spinta dalla curiosità Mag si stava aggirando laggiù, da quelle che le sembravano ore, con una candela in mano. Le stanze più esterne erano molto ben rifinite e decorate, quasi che un tempo fossero esistite sopra la superficie come parte del palazzo, per poi affondare pian piano e assumere una loro funzione nel vasto insieme delle cantine. C’erano arcate di pietra sostenute da colonne spiraliformi, scarichi a forma di animali mostruosi che incanalavano l’acqua delle cucine e dei cessi, e bocche spalancate da cui l’acqua piovana fiottava nelle fogne. Qua e là sedevano cariatidi dalla forma umanoide, che, appoggiando il mento su una mano, contemplavano con aria annoiata e pensosa lo scorrere dei secoli, mentre sorreggevano ponticelli o rampe di scale.

Tutta la storia si snoda per le vie di Ombria, e si sa pochissimo del mondo esterno. La magia è presente, ma anch’essa è fumosa e vaga. Le due maghe più forti sono Domina Pearl e Faey… la cui camera da letta è tutto un programma:

Dire che la stanza era in disordine sarebbe stato un eufemismo. Vasta come un salone, conteneva un formidabile caos di oggetti, buona parte dei quali visibili solo per metà: mobili degli stili più diversi, grandi guardaroba, tavoli massicci, altri letti. Abiti e biancheria giacevano dappertutto; scarpe appartenenti a secoli diversi, molte delle quali spaiate o addirittura a pezzi erano sparse sul pavimento. Pelli di animali di grossa taglia, complete della testa, pendevano capovolte dagli sportelli dei guardaroba e dagli specchi. I loro occhi di vetro, lucenti come candele, guardavano Mag. Perfino l’inferriata della finestra sembrava gremita di strane immagini, come se tutti i quadri dai quali Faey aveva prelevato quella camera da letto fossero lì, a tre dimensioni e nello stesso tempo. Il carboncino nella sua scatola da regalo poteva essere dovunque: infilato in una scarpa, nella bocca di un orso, su un tavolo tra le immagini illusorie.

Personaggi

Mag

Credo che Mag da sola sia un motivo sufficiente per leggere La città di luce e d’ombra. Voglio dire, una ragazza fatta di cera? Tuttavia, Mag, col tempo… si accorge di essere sempre più umana.

Mag non disse mai a Faey che sapeva di essere diversa da com’era stata fatta. Essendo gli umani ciò che erano – rissosi, confusionari, crudeli, viziosi e stupidi – lei decise di restare cera. Se non avesse detto una parola, rifletté, nessuno ne avrebbe saputo niente. Dire «umana» l’avrebbe resa tale.

A fare il suo corpo era stato forse qualcun altro, ma Faey aveva fatto la sua mente, e lei non aveva il minimo desiderio di cambiare la piega che essa aveva preso. Faey, che a suo modo era efficiente, decise di aumentare i modi in cui Mag poteva esserle utile dandole una maggior comprensione di ciò che vedeva in Ombria. Così la mandò da certi suoi affezionati clienti del mondo superiore, per farle avere un’educazione. Mag imparò a leggere in una stanza sul retro di un elegante bordello, seguendo le parole sulla pagina con un dito ingioiellato e profumato. Imparò le lingue da un contrabbandiere in pensione, che ne parlava bene tre, e sette abbastanza da farsi capire, e aveva un pappagallo capace di dire parole sorprendenti, di cui l’uomo le spiegava il significato solo quando aveva in corpo qualche bicchierino di vecchio sherry. Creò fuochi stregati e puzze e gorgoglii sotterranei nelle stanze piene di libri di un birraio il quale, la sera, indossava una lunga toga con un’espressione solenne, e parlava della trasmutazione e del mondo fisico e spirituale. Mag, la cui idea del mondo spirituale era ciò che usciva dai fornelli di Faey, prestava scarsa attenzione a quella nebulosa filosofia attinta dalle botti di birra. E neppure fece caso, per anni, agli sguardi bovini del figlio minore del birraio. Ma amava i fuochi colorati, le essenze, i marchingegni, le occasionali esplosioni. Apprese un po’ d’aritmetica aiutando un fornaio con le sue ricette e la moglie di lui col libro dei conti.

Mag ha un ruolo chiave in tutte le vicende della nostra storia. Purtroppo la brevità del libro non ci permette di scoprire tutto su di lei, però alcune cose verranno svelate verso la fine!

Faey

Faey è una maga antica quanto la stessa città, che fa affari con la gente “di sopra”, vendendo incantesimi, principalmente a Domina Pearl. Ho apprezzato questo personaggio perché sembra completamente disinteressato a tutto il resto dell’umanità (a differenza del classico mago buono delle fiabe).

Faey, che era nata a Ombria prima che la città avesse un passato, era sprofondata lentamente nel suolo insieme a quei posti. Poiché non ricordava più la sua faccia di un tempo, cambiava faccia come cambiava abito. Mag era abituata ad alzarsi dal letto sferzata dall’espressiva, rauca, imperiosa voce della sua padrona, capace di passare da un misterioso accento straniero all’altro. Quel giorno Faey aveva capelli giallo-grigi e occhi viola, e indossava una specie di palandrana da alchimista con pezzi di specchio cuciti dappertutto.

Lydea

Lydea è la concubina del principe Royce. Figlia di un taverniere, la ragazza passa cinque anni a corte: l’unica persona che la tratta con gentilezza è il principe, nessun altro la vede di buon’occhio. Si affeziona molto al figlio di Royce, Kyel, e nonostante l’appoggio di Ducon, Lydea viene cacciata da Domina Pearl alla morte del principe. Durante il tragitto verso casa, la ragazza è costretta a lanciare tra i cespugli le scarpe di zaffiro (che vengono recuperate da Mag): il popolo si affolla attorno a lei per strapparle via anelli e tutto ciò di prezioso che possiede. Arriva viva a malapena alla taverna del padre, che non l’accoglie col massimo dell’entusiasmo. Un personaggio particolare che non ci si aspetta di trovare coinvolto nelle lotte di potere di un regno.

Ducon

Il palazzo, come la città, affondava dentro di sé da più tempo di quanto chiunque potesse immaginare; i pavimenti s’incurvavano; i quadri appesi alle pareti si scrostavano e talora rivelavano altri dipinti sotto le scaglie di pittura secca; le travi e i travicelli si deformavano senza requie, notte dopo notte, secolo dopo secolo. Ducon, per ragioni che lui stesso non capiva bene, si era assunto il compito di testimoniare quei cambiamenti, eseguendo centinaia di disegni e di acquerelli nel corso degli anni. Ogni tanto la Perla Nera ci frugava in mezzo e li lasciava in disordine, senza preoccuparsi di cosa ne pensasse lui. Ducon si era chiesto se lei sapesse perché aveva dipinto più volte la stessa porta, in diverse condizioni di luce. Era mescolata tra le porte, i cancelli, le arcate, le scale e i vicoli di Ombria, il cui scopo era d’ingannare gli occhi di lei. Domina Pearl pensava che lui vagabondasse per le strade di Ombria soltanto alla ricerca delle vecchie porte. Questo era ciò che lui supponeva, e sperava che fosse vero, e che ora non avrebbe trovato la donna ad aspettarli nel cuore dell’antico palazzo.

Questo è Ducon, un uomo che passa la vita disegnando! Ducon è un personaggio strano, anch’esso fuori posto: coi capelli bianchi, nessuno sa chi sia il padre. Si muove bene tra i due mondi, un po’ come Mag. Molti si aspettano che lui rovesci la reggenza di Domina Pearl, ma l’anziana donna gli ha detto chiaramente che al minimo segnale di cospirazione avrebbe ucciso il bambino destinato al trono, per cui la situazione è un po’ complicata.

Conclusioni

La città di luce e d’ombra è un romanzo intrigante e dalle atmosfere oniriche tipiche di Patricia McKillip. Purtroppo è difficile reperirlo, ma chissà… spero sempre che verranno tradotti altri libri di questa autrice, assolutamente sottovalutata in Italia! Ho recensito un altro libro della McKillip, Una culla in fondo al mare, clicca qui per leggerlo!

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